renrenren3: (SPN * Castiel)
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Le lezioni di Pozioni erano sempre una tortura, ma durante l'estate Crowley aveva raggiunto nuovi livelli di bastardaggine. Si aggirava per la classe e osservava il lavoro dei Gryffindor con aria critica, togliendo punti per ogni minimo errore.

Quando Dean fece accidentalmente saltare in aria il suo calderone, Crowley si precipitò immediatamente su di lui. "Winchester, che cosa hai fatto questa volta?" disse. "Tre aculei di porcospino, non una manciata intera! Non capisco come sia possibile, in cinque anni non sono riuscito a fare entrare niente nella tua testa di legno. Quest'anno hai gli O.W.L. e per come sei messo ora se prendi una P dovrai ritenerti fortunato."

Dean si coprì la faccia con una manica e cercò di non respirare il fumo grigio che si sprigionava dai rimasugli del suo calderone. Non era che lui fosse completamente negato in Pozioni, ma proprio non gli andava di studiare per la materia di Crowley. Dei voti non gli interessava, anzi sarebbe stato felice di poter finalmente smettere di frequentare Pozioni alla fine di quell'anno.

"Dieci punti in meno a Gryffindor," disse Crowley, "e pulisci questo casino."

Dall'altra parte del sotterraneo, gli Slytherin se la ridevano sotto i baffi. Crowley detestava in massa anche loro, specialmente i Milton, ma non gli toglieva mai punti perchè era il capo della loro casa. Smisero presto di ridere.

Quando Dean ebbe finito di asciugare alla bell'e meglio la pozione dal pavimento, Crowley lo costrinse a lavorare con un altro studente. "Non uno dei tuoi amichetti di Gryffindor," lo prevenne quando Dean puntò immediatamente verso Victor. "Passeresti il tempo a chiacchierare e basta. Farai coppia con uno studente di Slytherin, e se vi ammazzate a vicenda tanto meglio per me."

Victor rivolse a Dean un'occhiata di simpatia, mentre tutti gli Slytherin si chinarono sui loro calderoni e fecero finta di niente. Dean si avvicinò ad Anna e si schiarì la gola.

"Non pensarci neanche," disse lei, senza neanche alzare gli occhi.

"Ehi, Winchester!" chiamò una voce dal tavolo dietro. Dean si voltò e vide che Gabriel Milton gli stava facendo segno di avvicinarsi. L'espressione sulla sua faccia era più simile a un ghigno che a un sorriso, ma Dean pensò che era meglio far coppia con un Milton che rimanere in mezzo al sotterraneo a ricevere gli insulti più o meno velati di Crowley.

Si avvicinò a Gabriel, che era intento a pesare con cautela alcuni ingredienti. "Cosa posso fare per aiutarti?" chiese Dean.

Gabriel lo squadrò da capo a piedi e fece un altro dei suoi sorrisetti. "Vista la tua reputazione, credo sia meglio per entrambi che tu non faccia niente," rispose. "Lascia che alla pozione ci pensi io."

Dean gli lanciò un'occhiata diffidente e si sedette su uno sgabello vicino a lui.

"Sarebbe gentile da parte tua ringraziarmi," continuò Gabriel. "Ti troverai meglio a stare in coppia con me che con Anna, anzi ti consiglio di stare alla larga dalla mia cara cugina."

"Questi non sarebbero affari tuoi," disse Dean, a bassa voce per non farsi sentire da Crowley, "ma io e Anna abbiamo rotto e io non sto mica cercando di rimettermi con lei. Non so cosa ti abbia raccontato..." Si interruppe notando che Gabriel stava ridacchiando. "Cosa c'è di tanto divertente?"

"Molto convincente, Winchester. Non sto mica cercando di rimettermi con lei," lo scimmiottò Gabriel. "Allora di cosa stavi parlando con Cassie l'altro giorno?"

Ci volle un po' a Dean per associare "Cassie" con il ragazzino dall'aria imbambolata che aveva conosciuto sul treno. "Vuoi dire Castiel? Guarda che quando mi sono messo a parlare con lui non sapevo neanche come si chiamasse."

Gabriel sembrava poco convinto. Versò i suoi ingredienti in un mortaio e iniziò a schiacciarli con un pestello. "Certo, e poi casualmente avrete iniziato a parlare di Anna," disse. Crowley passò vicino a loro, e in fretta e furia Gabriel passò il mortaio a Dean. "Tieni, se te ne stai con le mani in mano il professore se ne accorgerà, almeno con questo non puoi fare errori.

"Ti sbagli," disse Dean, le sue parole puntuate dal battito del pestello.

"Andiamo, Winchester, anche tu sei in grado di polverizzare dei petali di belladonna."

"Sei proprio spiritoso," disse Dean, alzando gli occhi al cielo. "Volevo dire che non ho mai parlato di Anna con Castiel. Abbiamo parlato del più e del meno."

"Bella storia, ma temo non sia molto convincente," disse Gabriel con un sorrisetto. "Non posso credere che tu abbia passato ore e ore a parlare con Cassie perché lo trovavi divertente. Conosco mio cugino da quando è nato e so bene che ha il senso dell'umorismo paragonabile a quello di un rospo in salamoia, solo che il rospo è più divertente."

Dean sbattè il mortaio sul tavolo con così tanta forza che parte del contenuto si rovesciò sul tavolo. Gabriel fece una faccia offesa e si mise a pulire il disastro, ma a Dean non importava. "Almeno Castiel è una persona decente, al contrario di altri suoi parenti," sbottò.

Gabriel non sembrava impressionato da questo sfogò. "Se è come dici, tanto meglio," si limitò a dire. Aveva ancora il suo sorriso insolente stampato in faccia. "Anna sarà contenta di sapere che non stavi complottando nulla che coinvolge il mio caro cuginetto."

"Silenzio là in fondo," intimò Crowley. Dopodichè il professore si mise davanti al loro tavolo e vi rimase per il resto della lezione, costringendo i due ragazzi a stare zitti.

In privato, Dean era contento di essere sfuggito all'interrogatorio di Gabriel. Non appena suonò la campanella, raccolse le sue cose e uscì dall'aula il più velocemente possibile.

Gli Slytherin avevano Trasfigurazione all'ora dopo, quindi per evitare di incrociarli di nuovo Dean andò direttamente nell'aula di Difesa Contro le Arti Oscure che era dall'altra parte del castello. Victor e Gordon lo raggiunsero dopo un paio di minuti.

"Si può sapere che fretta c'era?" protestò Victor. Era ancora a corto di fiato per aver fatto le scale di corsa.

Dean scosse la testa. "Quel cretino di Gabriel Milton," disse. "Non so perché si è messo in testa che volevo rimettermi con sua cugina."

"I Milton sono tutti idioti," sentenziò Gordon.

La loro conversazione fu interrotta dall'arrivo del professor Azazel, il nuovo insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure. Era un mago alto e magro, dall'aspetto banale, salvo per il fatto che indossava sempre un paio di occhiali dalle lenti scure. Nessuno aveva il coraggio di chiedergli se avesse problemi agli occhi. A Dean dava l'impressione di essere una persona che non si voleva avere come nemico.

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Il primo mese a Hogwarts passò rapidamente. Tutti i professori sembravano prendere molto sul serio gli esami del quinto anno e riempivano gli studenti di compiti. A Dean sembrava inutile iniziare a prepararsi con mesi e mesi di anticipo, ma non c'era niente da fare. Fra i compiti e le lezion e gli allenamenti di quidditch non gli rimaneva mai molto tempo libero. La prima partita della stagione era contro Ravenclaw, che a parere di tutti era una delle squadre più deboli, ma non era una ragione sufficiente per battere la fiacca. Non avrebbe potuto sopportare l'idea di perdere contro i compagni di suo fratello.

Dopo il disastroso primo giorno, Dean aveva cercato di evitare Sam il più possibile. Era un'impresa facile, dato che gli orari delle loro lezioni erano completamente diversi e dormivano in due parti opposte del castello. Dean vedeva suo fratello da lontano durante i pasti nella Sala Grande, e gli bastava sapere che Sam era ancora vivo e nessuno l'aveva ancora Trasfigurato in un alce.

Il giorno prima della partita di quidditch, però, Sammy si alzò dal tavolo di Ravenclaw a metà della colazione e si diresse verso i Gryffindor. Dean, già di malumore all'idea della partita imminente, decise di continuare a mangiare il suo bacon facendo finta di non aver visto suo fratello.

"Dean," disse Sam, così esitante che sembrava quasi una domanda. Dean non reagì neanche, e Sam si voltò indietro, come a cercare incoraggiamento dai suoi compagni di casa. Purtroppo non sembrava intenzionato ad andarsene prima di aver detto quel che voleva. "Ho appena ricevuto un gufo da papà," continuò Sam. "Vuole sapere come stai, e se hai ricevuto le sue lettere."

Dean alzò la testa dal piatto. "Oh, dannazione!" esclamò, sbattendo la forchetta sul tavolo. "Mi sono dimenticato di scrivergli." Aveva avuto intenzione di rispondere non appena aveva ricevuto la lettera di suo padre, la settimana prima, ma fra le lezioni e i continui allenamenti di quidditch, la lettera era rimasta incompleta nel suo dormitorio.

"Posso dirgli che va tutto bene e che gli scriverai più tardi?" chiese Sam.

"Grazie," disse Dean di malavoglia. "Gli scriverò dopo la partita, di sicuro."

Suo fratello annuì. Sembrava a disagio, forse per Dean o forse perché tutto un gruppetto di Gryffindor più grandi di lui lo stavano fissando con curiosità. "In bocca al lupo per la partita di domani," riuscì a balbettare.

"Crepi," rispose Dean. Si infilò una forchettata di bacon in bocca, solo perché a Sam dava fastidio vederlo masticare mentre parlava. "Però tu dovresti sperare che io cada dalla scopa, così Ravenclaw vincerebbe."

Sam scosse la testa. "Neanche per sogno!" disse. "Sei pur sempre mio fratello, anche se hai delle abitudini disgustose," aggiunse, girando la testa dall'altra parte mentre Dean ghignava con la bocca ancora mezza piena.

Dean deglutì rumorosamente il boccone. "Grazie. Suppongo che anch'io dovrei augurare in bocca al lupo ai Ravenclaw," aggiunse, dopo una pausa un po' troppo lunga. "E che vinca il migliore."

Il cercatore di Ravenclaw, Ash, era anche lui al quinto anno. Dean non era sicuro di cosa pensare di lui. A volte era brillante, a volte volava come se qualcuno l'avesse appena colpito con un incantesimo stordente. Se avessero perso contro la sua squadra, Dean avrebbe potuto considerare seriamente l'idea di trasferirsi a Durmstrang.

Questo però Sam non poteva saperlo. Annuì e ripetè, "Che vinca la squadra migliore."

Sembrava molto più sollevato di prima, ma invece di andarsene esitò e rimase vicino al tavolo di Gryffindor. "Va tutto bene, vero?" Dean chiese dopo un po', lanciando un'occhiata ai Ravenclaw. Notò Becky, che si affrettò a girarsi dall'altra parte e a far finta che non stava spiando i Winchester, e Ash gli fece un cenno di saluto con la mano. "Se non ti trovi bene con i Ravenclaw..."

"No," si affrettò a dire Sam, prima che Dean potesse completare la sua minaccia di trasformarli tutti in porcospini. "Va tutto bene, mi trovo bene, mi trovo benissimo. Ecco... È solo che non volevo litigare con te il primo giorno..."

Sam fece la faccia triste, e Dean pensò che non era giusto. Così sto fratello lo faceva sentire in colpa, anche se in realtà la colpa non era di Dean, era tutta colpa di Sam che era stato uno stupido e aveva voluto andare da quegli stupidi Ravenclaw invece che essere in Gryffindor con Dean, e adesso faceva anche finta che gli piacesse stare lì, come se non sapesse che Gryffindor era la casa più bella del mondo. Però Sam era il fratello più piccolo, e quindi aveva il permesso di essere un po' scemo.

"Neanch'io volevo litigare," disse Dean. Ultimamente stava tenendo il muso a tutti gli Hufflepuff, e a tutti i Milton che erano più di metà di Slytherin, e Gordon stava mettendo a dura prova la sua pazienza. Gli sembrava che se continuava a litigare con tutti non gli sarebbe rimasto più nessuno. Ma Dean non aveva intenzione di scusarsi perché, dannazione, era colpa di Sam.

"Facciamo pace?" chiese Sam.

Dean non aveva neanche intenzione di abbracciare suo fratello piccolo davanti a tutta la scuola. Annuì e si girò di nuovo verso il piatto. "È un momento toccante, ma adesso lasciami in pace o piangerò sulla mia colazione."

Sam se ne andò, borbottando qualcosa a proposito di mangiare con la bocca chiusa, e Dean si sentìmolto più tranquillo di prima. Il giorno dopo stracciò completamente Ash e prese il boccino in soli dieci minuti. Quando Sam si congratulò con lui, e poi lo costrinse a sedersi e a scrivere la lettera per loro padre, Dean decise che avevano fatto pace.

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La settimana dopo la partita era in programma il primo weekend a Hogsmeade. Dean non vedeva l'ora di uscire dalla scuola e passare un po' di tempo in qualche posto che non fosse il campo da quidditch o un'aula. Pensava di andarci con Victor e Gordon e fare il solito giro che includeva Zonko, Honeydukes, Three Broomsticks, e poi andare nel giardino della Stamberga Strillante e sfidarsi ad avvicinarsi il più possibile alla casa infestata.

Victor, però, aveva altri piani. "Mi spiace, Dean," gli disse mentre si stavano cambiando nel loro dormitorio. "Ho chiesto a Pam se voleva venire con me."

"Oh." Dean non se l'aspettava, ma scrollò le spalle. "Può venire anche lei," disse. "Mi sta simpatica, è divertente."

Victor scosse la testa. "No, ecco," disse, "le ho chiesto di venire con me. Uhm, è un appuntamento."

Finalmente Dean capì perché Victor sembrava più agitato di quanto l'avesse mai visto in cinque anni. "Oh," disse ancora. "Okay. Non me l'aspettavo, ma okay."

"Non l'abbiamo mica tenuto un segreto," si difese Victor. "Sto passando un sacco di tempo con Pam, pensavo che tu te ne fossi già accorto."

Dean sapeva solo che aveva passato un sacco di tempo con Victor e Pam e il resto della squadra durante gli allenamenti. Era stato così concentrato sul suo obiettivo di sconfiggere Ravenclaw che tutto il resto era passato in secondo piano.

"Sì, certo," mentì. "Però pensavo che non avresti abbandonato i tuoi amici in questo modo. Pensa a Zonko e Honeydukes!"

"Posso sempre andarci con Pam," disse Victor. "E tu puoi andarci con Gordon."

La prospettiva di passare un intero pomeriggio da solo con Gordon, però, non era per niente allettante. Ultimamente Gordy aveva fatto il possibile per rendersi ancora più insopportabile. Era stata una fortuna che la partita fosse finita così rapidamente. Nei dieci minuti che Dean ci aveva messo a prendere il boccino, Gordon era riuscito a commettere due falli. La bravura di Victor come portiere aveva impedito ai Ravenclaw di segnare punti, e la sua infinita pazienza aveva impedito a Dean di strangolare Gordon alla fine della partita. Senza Victor in giro, Dean era sicuro che fosse solo una questione di tempo prima che lui e Gordon venissero alle mani.

Dean decise che, piuttosto che andare con Gordon, sarebbe andato da solo. I corridoi erano pieni di studenti che si incamminavano verso l'uscita e chiacchieravano allegramente del weekend a Hogsmeade, ma Dean non poteva mica chiedere a uno dei gruppetti se poteva unirsi a loro.

Stava giusto pensando che era un peccato che non ci fosse nessuna ragazza carina a cui poteva chiedere di uscire, come aveva fatto Victor con Pam, quando girò l'angolo del corridoio al secondo piano e vide un gruppetto di Ravenclaw davanti alla biblioteca.

Sam stava parlando con la sua amichetta e neanche si accorse di lui. Dean lo prese come un invito per fermarsi e dargli fastidio.

"Ciao, Sam," disse Dean, mettendo un braccio attorno alle spalle di Sam. Suo fratello sobbalzò, e Dean fece un sorrisetto. "Chi è la tua amica?"

Dean si ricordava il suo nome dallo smistamento, ma era divertente vedere Sam che diventava paonazzo.

"Jess," disse lei. "Jess Moore. Tu sei Dean Winchester, vero? Sam parla sempre di te."

"Spero che dica solo cose belle," rispose Dean, con una pacca sulla spalla a Sam. Se Sam non la smetteva di crescere, presto avrebbe raggiunto Dean in altezza.

La ragazzina annuì. "Ti abbiamo visto giocare la settimana scorsa. Sei molto bravo."

"Grazie," disse Dean. "Sam, la tua ragazza è davvero carina!"

Anche Jess diventò paonazza a quelle parole. "Lei non è la mia ragazza," disse Sam con un filo di voce, fissando il pavimento.

Dean ghignò. "Certo, certo," disse. "Adesso devo andare. Sai, c'è il weekend a Hogsmeade. Mi spiace che voi non potete andarci, è un posto bellissimo."

Sam e Jess non sembravano troppo dispiaciuti. "Abbiamo un gruppo di studio questo pomeriggio," disse Sam. "Vieni, Jess?"

Dean li guardò mentre seguivano i loro compagni in biblioteca. "Ravenclaw," borbottò. "Solo loro possono divertirsi a studiare il sabato pomeriggio." Poi si accorse che una studentessa di Ravenclaw era ancora lì vicino. "Cioè, voglio dire..."

La ragazza ridacchiò. "Tuo fratello ha una cotta per Jess," disse, come se stesse rivelando un gran segreto. "Per questo è così felice."

Non era comunque una ragione sufficiente per stare chiuso in biblioteca, almeno secondo Dean, però fece finta di niente. Gli venne un'idea. "Senti, Rosen..."

"Becky," disse lei. "Chiamami Becky."

"Okay, Becky. Vuoi venire a Hogsmeade con me?"

Becky fece un sorrisone e per un attimo Dean pensò di avercela fatta. Però poi Becky scosse la testa. "Mi spiace, non posso," disse. "Ho promesso ai miei amici che avremmo studiato insieme, dobbiamo fare una ricerca sugli Acromantula per lunedì e poi scrivere un tema di Aritmanzia." Si morse il labbro. "Magari un'altra volta?"

"Sì," disse Dean. "Magari un'altra volta." Dubitava che ci sarebbe stata un'altra volta, a meno che Victor non lo abbandonasse di nuovo.

Nell'ingresso incontrò Jo Harvelle. Lei sembrava di buon umore, dato che si degnò di salutarlo, e Dean decise che valeva la pena fare un ultimo tentativo.

"Che fai questo pomeriggio?" chiese.

"Vado al campo da quidditch," disse lei. "Questo pomeriggio sarà deserto, voglio prendere in prestito una scopa della scuola e fare un paio di giri. Non vorrai proibirmi pure quello?"

"No, no," si affrettò a dire Dean. "Pensavo che magari preferiresti venire al villaggio di Hogsmeade con me."

"Io sono del primo anno, non ho il permesso di andare," disse Harvelle, aggrottando la fronte.

"Che importa?" disse Dean. Si avvicinò alla ragazza e abbassò la voce per non farsi sentire dagli altri studenti. "Non ti serve il permesso, io conosco un passaggio segreto che porta fuori dal castello."

Harvelle gli tirò un ceffone così sonoro da fargli rintronare le orecchie. "Avrei dovuto aspettarmelo da te, Winchester," disse. "Allora seguire le regole va bene solo quando ti fa comodo?" Se ne andò prima che Dean potesse aggiungere altro.

Dean sperava che non ci fosse nessuno in giro che lo conoscesse, ma ovviamente non fu così fortunato. Gabriel Milton era lì vicino e aveva visto tutto.

"Ouch, Winchester," disse Gabriel. L'espressione sulla sua faccia era a metà fra il simpatetico e il divertito. "Tu sì che ci sai fare con le ragazze."

"Lasciami stare," disse Dean, massaggiandosi la guancia indolenzita.

Gabriel lo ignorò. "Vedo che sei tutto solo," disse, fingendo di scrutare qua e là. "Bene, allora ho un favore da chiederti."

"Perché mai dovrei darti retta?" chiese Dean.

"Non è per me, è per mio cugino," disse Gabriel. Solo allora Dean notò Castiel, che era in disparte in un angolo. La sua faccia era per metà nascosta da una gigantesca sciarpa giallo canarino.

"Ciao, Dean," borbottò Castiel.

"Vedi, Winchester, questa è la prima volta che Cassie andrà a Hogsmeade," disse Gabriel. "Dovrebbe andare con qualcuno che gli faccia fare il gran tour: Honeydukes, Zonko, l'Ufficio Postale dei Gufi, la Stamberga Strillante... Honeydukes, Three Broomsticks... Ma soprattutto Honeydukes, i loro dolci sono buonissimi."

Dean non capiva dove stava andando a parare Gabriel. Per di più Castiel lo stava fissando. "Va bene, fagli fare questo gran tour se ci tieni tanto," disse, secco. "Io che centro?"

Gabriel fece un gigantesco sospiro. "Purtroppo gli altri miei cugini non sono entusiasti all'idea. Raphael, in particolare, non ha intenzione di passare il pomeriggio insieme al cercatore che ha stracciato la sua squadra nell'ultima partita."

Hufflepuff aveva vinto la partita contro Slytherin per duecentodieci punti a zero, dopo che Castiel aveva preso il boccino da sotto il naso al cercatore avversario. Gabriel aveva commentato la partita, e nonostante fosse la sua stessa casa, non aveva perso occasione di fare commenti taglienti su ognuno dei numerosi errori che Slytherin aveva commesso.

Dean non aveva pensato alla reazione che avrebbero potuto avere i suoi compagni di squadra, ma sapeva per esperienza che Raphael era fin troppo permaloso.

"Bene, allora è deciso," disse Gabriel, prima che Dean potesse rispondere, dando una pacca sulla spalla sia a lui che al cugino. "Ti affido Cassie."

"Aspetta un attimo," fece Dean, mentre allo stesso tempo Castiel protestava, "Ti ho detto che non ce n'è bisogno."

Gabriel scosse la testa. "Non posso mica lasciarti a te stesso, finiresti rintanato in un angolo a leggere qualche librone palloso," disse. "Cassie, Winchester, fate i bravi. Ci vediamo!"

Dean fece un grugnito e guardò Gabriel correre via e unirsi ai suoi compagni di Slytherin, senza alcun ritegno per il fatto che aveva appena mollato suo cugino con qualcuno che conosceva a malapena.

Castiel lo stava ancora fissando. "Non c'è bisogno che mi accompagni, non voglio darti fastidio," disse. "Posso tornare al dormitorio..."

"A leggere qualche librone palloso?" disse Dean. "Neanche per sogno, non se posso impedirtelo. Dai, andiamo." Andare a Hogsmeade con Castiel non sarebbe stato divertente quanto andarci con i suoi amici, ma era infinitamente meglio che andarci da solo.

Dovette quasi spingere Castiel per convincerlo a uscire dal portone. Fuori soffiava un vento freddo, più adatto all'inverno che agli ultimi giorni di ottobre. Dean si strinse nel mantello, e Castiel alzò la sciarpa fin sopra il naso.

Per un po' camminarono in silenzio, ma la strada dal castello al villaggio era lunga e Dean si annoiava facilmente.

"Ho visto la tua partita," disse. "Hai giocato bene." Molto meglio di quanto Dean o il resto della sua squadra si aspettasse, in verità. Dean era contento che la partita contro Hufflepuff fosse la terza della stagione, perché avrebbero dovuto modificare tutte le loro tattiche per tenere conto di quanto rapidamente Castiel si muovesse sul campo.

Castiel chinò la testa. "Davvero?" disse. Per un attimo Dean pensò che l'altro ragazzo stesse cercando altri complimenti, ma poi Castiel aggiunse, "Allora non sei arrabbiato con me?"

"No," rispose Dean, preso alla sprovvista. "Perché dovrei esserlo?"

"L'ultima volta che ci siamo parlati, sul campo da quidditch," iniziò a dire Castiel, con la voce attutita dalla lana della sciarpa. "Sembravi arrabbiato che io fossi diventato cercatore."

Dean si era quasi dimenticato di quell'incidente. "Ero sorpreso, tutto qui," disse, alzando le spalle. Le sue parole formavano nuvolette davanti a lui. "Adesso che ti ho visto giocare, capisco perché Tessa ti ha preso in squadra."

Castiel rimase zitto per un po'. "Sono contento che tu non sia arrabbiato," disse alla fine.

"Certo, per noi di Gryffindor sarebbe meglio che la vostra squadra facesse schifo," disse Dean. "Ma non importa, vuol solo dire che dovremo impegnarci di più per battervi."

L'altro ragazzo annuì. "Anche noi ci impegneremo," disse, serio. Sarebbe stato più solenne se non fosse stato per quella ridicola sciarpa.

Erano entrambi intirizziti quando raggiunsero il villaggio, e fu un sollievo poter entrare nei negozi e riscaldarsi. Dean decise che la loro prima tappa sarebbe stata Zonko, il suo negozio preferito. Aveva risparmiato la sua paghetta per due mesi e aveva tutte le intenzioni di investire la sua pila di galeoni in Caccabombe, in Pallette Puzzolenti e in tutte le novità di quest'anno.

Girare per i negozi con Castiel, però, si rivelò un'impresa ardua. Dean gli fece fare il giro completo del negozio, fermandosi a indicare tutti i suoi oggetti preferiti. Castiel ascoltava educatamente ma non sembrava intenzionato a comprare nulla, o neanche a esaminare qualcosa da vicino. Si limitava a guardarsi in giro con aria vagamente perplessa, come se fosse in un museo.

"Ma a cosa serve?" chiese Castiel quando Dean gli mise in mano un mazzo di carte che esplodeva quando si cercava di mescolarlo.

"A fare gli scherzi," rispose Dean. "Lo dai a qualcuno e gli esplode in mano."

L'altro ragazzo sembrava onestamente perplesso. "Perché mai vorrei fare una cosa del genere?" chiese, rigirandosi le carte fra le mani.

"Perché...?" Dean non sapeva cosa rispondergli. "Così, per divertimento," disse. "Per fare uno scherzo."

Castiel rimise le carte sull scaffale con cautela, come se potesse esplodergli in faccia da un momento all'altro. Dean fece un sospiro e passò allo scaffale delle Caccabombe.

Anche a Dervish & Banges si ripetè la stessa scena. Castiel guardava gli scaffali con aria perplessa e ogni tanto faceva domande su come funzionasse questo o quello strumento magico. Quando nè lui nè Dean riuscirono a capire cosa fosse uno strano strumento d'argento fatto di tanti anelli collegati fra loro, Castiel andò dal proprietario e scoprì che si trattava di un calendario lunare.

"Interessante," disse, ma lasciò il negozio senza comprare niente.

Dopo un po', Dean perse la pazienza. "Ma è Honeydukes!" esclamò, quando ancora una volta Castiel si presentò alla cassa a mani vuote. "Anche quell'idiota di tuo cugino è d'accordo che i loro dolci sono buonissimi. Se non hai portato soldi, posso prestarteli io."

Castiel scosse la testa. "No, non è una questione di soldi."

"Ci sarà pure qualcosa che vuoi," insistè Dean.

L'altro inclinò la testa di lato e ci pensò su. "Mi servirebbe una boccetta d'inchiostro nuovo," offrì.

"Non quello, testone," disse, esasperato. "Non vorresti qualcosa di divertente? Qualcosa che ti piace? Se mi dici che ti piace l'inchiostro, ti trasfiguro in un tasso," lo minacciò, impugnando una bacchetta di liquirizia.

Castiel non capì l'ironia. "L'inchiostro è utile, ma non direi proprio che mi piace," rispose. "E quella non è una bacchetta vera, quindi non potresti usarla per fare incantesimi."

Dean fece un sospiro, poi afferrò Castiel per un gomito e lo trascinò verso un bancone dove una strega stava offrendo assaggi. "La nostra novità, Caramelle Lattementa," disse, porgendo ai ragazzi due cubetti avvolti in carta verde e bianca. "Provatene una!"

"Grazie," disse Castiel, educatamente, rigirandosi la caramella fra le mani. Quando finalmente si decise a mangiarla, Dean aveva già finito la sua.

"Buona," disse, leccandosi un paio di granelli di zucchero dall'angolo della bocca. "Un po' dolce per i miei gusti."

"Dean," disse Castiel, sporgendosi in avanti. Improvvisamente, la sua faccia era così vicina che Dean poteva sentire il suo respiro sulla faccia. Sapeva di menta.

"Cas," rispose lui, facendo un passo indietro. "Non starmi in faccia, lasciami spazio per respirare!"

"Scusa," disse Castiel. "La tua lingua è verde."

Per un attimo Dean non capì, poi si accorse che gli altri studenti che avevano provato le caramelle stavano indicandosi a vicenda e mostrando la lingua agli amici. "Anche tu...?" chiese a Castiel.

Castiel tirò fuori la lingua, che da rosa era diventata a strisce verdi e bianche. Dean rise, e anche Castiel fece un sorriso incerto.

"L'effetto sparisce in una decina di minuti," spiegò la strega dietro al bancone. "Abbiamo anche altri gusti."

Dean riuscì a convincere Cas a comprarne un po'. Se lo si avesse lasciato fare, lui avrebbe comprato due caramelle e basta. "Io non mangio così tanti dolci," protestò.

"Non devi mica mangiarle tutte insieme," replicò Dean. "Puoi offrirne ai tuoi compagni, è uno scherzo divertente. Puoi provare a propinarle a Gabriel!"

Castiel non sembrava capire perché fosse così divertente, ma alla fine uscì da Honeydukes reggendo con aria trionfale il piccolo sacchetto di caramelle. Dean si limitò a fare scorta di Cioccorane. Gli mancavano solo la figurina di Morgana, ed era sicuro che prima o poi l'avrebbe trovata.

Ovviamente, Castiel non faceva la collezione. "Perché è così importante averle tutte?" chiese. Dean non sapeva proprio cosa rispondergli.

Il pomeriggio era quasi finito. Fecero una rapida visita all'Ufficio Postale per vedere i gufi, e Cas rimase incantato davanti a un gigantesco gufo delle nevi. Poi passarono da Scrivenshaft, e Dean riuscì a convincere Cas a comprare, oltre all'inchiostro normale, anche una boccetta di inchiostro che cambiava colore mentre scrivevi.

Si sentiva di ottimo umore. Castiel poteva anche essere del tutto privo di senso dell'umorismo, ma il pomeriggio non era stato per niente noioso.

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Nonostante le rosee previsioni di Victor, Gordon non sembrava avere la minima intenzione di smetterla di comportarsi come un idiota. Gli ultimi allenamenti erano stati disastrosi, i giocatori nuovi non migliravano, e Gordon insisteva a dare la colpa di tutto questo a Dean. Victor cercava di mettere pace fra i due, ma ormai passava quasi tutto il tempo libero con Pam, e senza lui a fare da pacificatore la situazione era diventata insostenibile.

Un mercoledì pomeriggio, il professor Azazel trattenne sia Dean che Gordon dopo le lezioni, perché avevano entrambi preso una P nell'ultimo tema che avevano consegnato.

"Studiare il Codice di Regolamentazione dei Vampiri è una perdita di tempo," sbuffò Gordon non appena furono fuori dall'aula. "È la cosa più inutile del mondo, tranne forse un certo capitano di quidditch."

Dean voltò la testa di scatto verso Gordon. Victor gli avrebbe probabilmente consigliato di portare pazienza e di ignorarlo, ma Victor non era lì e Dean decise che ne aveva abbastanza. "Stai parlando con me?" chiese.

"Sei forse sordo?" rispose Gordon. "Quanti altri inutili capitani vedi in giro?"

"Non dimenticarti che sono stato io a portare la squadra alla vittoria contro Ravenclaw," replicò Dean, secco.

Gordon rise, sarcastico. "Ma chi ti credi di essere? Non sei l'unico giocatore in campo."

"No," rispose Dean. "Però io stavo giocando, a differenza di altri cretini che cercavano solo di accumulare più falli possibili..."

Le ultime parole furono pronunciate a voce alta, perché Gordon stava cercando di interromperlo. Dean non aveva voglia di sentire altre stronzate, quindi aprì la borsa e strinse la mano attorno alla sua bacchetta.

"Giuro che stavolta ti trasformo in un pipistrello, Walker!" esclamò Dean.

Gordy sembrava tutt'altro che intimorito. "Fatti sotto, Winchester," replicò, puntandogli contro la bacchetta.

Dean aveva già le prime sillabe di una maledizione sulle labbra, ed era così infervorato che non si accorse del professor Singer finchè questi non gli si parò davanti.

"Cosa state facendo voi due idioti?" disse a Dean e a Gordon, afferrandoli entrambi per la collottola. Singer era noto per il suo carattere burbero, ma era la prima volta che Dean lo vedeva così arrabbiato. Non se l'era presa così tanto neanche quando l'anno prima Gryffindor aveva perso sia la coppa del quidditch che la coppa delle case per una manciata di punti.

"Stavamo... ehm..." borbottò Dean, preso alla sprovvista. Era difficile inventare una balla convincente, quando c'era mancato poco che Singer non li sorprendesse nel bel mezzo del duello.

A malincuore, Gordon abbassò il braccio che teneva la bacchetta, anche lui a corto di parole.

"Cosa siete, dei primini scemi? Che vi salta per la testa?" chiese Singer, aggrottando la fronte. "Dovrei togliere punti a entrambi, solo per la vostra inguaribile stupidità."

Dean trattenne il fiato a quelle parole. I duelli erano praticamente al primo posto nella lista delle cose da non fare a Hogwarts, e i professori punivano severamente tutti gli studenti che venivano scoperti a usare la magia contro qualcuno.

"Due studenti di Gryffindor che duellano," continuò il professore. "Incredibile. Mai in tutti i miei anni a Hogwarts ho assistito a uno spettacolo del genere. Vi meritereste di perdere cinquanta punti a testa."

Sia Dean che Gordon sbiancarono, ma Singer scosse la testa. "Siete fortunati che sia stato io a beccarvi, e che non aveste ancora combinato niente," disse. "Smettetela di fare i cretini, e farò finta di non aver visto nulla. Fila via, Walker, prima che cambi idea."

"Grazie, professor Singer," borbottò Gordon. Lanciò un'ultima occhiataccia a Dean e si defilò.

Dean stava per andarsene nella direzione opposta, ma il professore lo trattenne. "Non tu, Winchester. Tu vieni con me."

Il suo tono non ammetteva repliche, perciò Dean raccolse le sue cose e si affrettò a seguire Singer fino al suo ufficio, due piani più in basso.

L'ufficio era pieno di gabbie per uccelli e acquari che ospitavano le creature di cui il professore parlava a lezione. Era un posto che a Dean piaceva moltissimo, e lui moriva sempre dalla voglia di inventare scuse per andare a trovare Singer e scoprire in anticipo che creature ci sarebbero state nella prossima lezione, però questa volta gli era difficile anche solo guardarsi in giro.

Singer aveva ancora la faccia scura, e Dean rimase in silenzio mentre il professore borbottava a proposito di studenti idioti e faceva il tè in una vecchia teiera sbeccata.

Finalmente, dopo aver accettato una tazza di tè nero bollente, Dean si schiarì la gola e si decise a parlare. "Professore," disse. "La ringrazio per non averci tolto punti."

Il professore grugnì. "Ve lo sareste meritato," disse. "Ma siamo a pari con Slytherin, e Crowley sta diventando insopportabile."

A quelle parole Dean fece un sorrisetto, ma Singer gli lanciò un'occhiataccia e lui si affrettò a bere un sorso di tè e far finta di niente. Il tè era amarissimo, e così bollente che gli scottò la lingua.

"Invece di fare gli idioti, concentratevi a battere Slytherin nella prossima partita," disse Singer.

"È colpa di Gordon!" protestò Dean. "Si sta comportando come un perfetto idiota, non ha intenzione di accettarmi come capitano."

Singer lo guardò storto e prese un lungo sorso dalla sua tazza. "Non è una buona ragione per essere un'idiota ancora più grande," disse. "Credi che sia questo il modo giusto per farti accettare come capitano? Sfidarlo a duello davanti all'aula del professor Azazel?"

Dean abbassò la testa. "Mi dispiace," borbottò. "Non succederà più."

"Sarà meglio," disse Singer. "Altrimenti ci penserà Azazel a farti sentire dispiaciuto. Se avessi fatto una cosa del genere vent'anni fa..."

Singer si interruppe bruscamente, come se si fosse accorto troppo tardi di quello che stava dicendo, ma Dean aveva sentito abbastanza. Tutti sapevano cosa era successo a Hogwarts venti anni prima.

Dean si sporse sulla sedia. "Professore, sta parlando di quando c'erano i Demoni?" chiese.

Anni fa, prima ancora che Dean nascesse, il preside di allora era sparito senza lasciare tracce. Subito dopo era stato il turno del vicepreside, e poi altri due insegnanti. Gli auror sospettavano che i responsabili fossero i membri di un gruppo di maghi oscuri che si facevano chiamare i Demoni, ma non erano riusciti a provare niente, nè a scoprire che fine avesse fatto le persone scomparse.

Per parecchi mesi c'era stato il panico nella scuola. Parecchi insegnanti si erano dimessi per paura di essere in pericolo e nessuno voleva più accettare di essere assunto, nemmeno per fare le pulizie.

Poi, dal nulla, era arrivato Charles Shurley ed era diventato preside. Molti maghi e streghe erano rimasti perplessi da questa nomina, ma Shurley era l'unico che avesse avuto il coraggio (o forse la stupidità) di prendere la guida di Hogwarts. E, miracolosamente, riuscì a fare il suo lavoro meglio di quanto chiunque avesse sperato.

Quando s'insediò come preside, la scuola rischiava di essere chiusa da un momento all'altro. Nel giro di un anno, tutto era tornato normale. Le misteriose sparizioni finirono, Shurley assunse nuovi insegnanti, e quel capitolo della storia di Hogwarts finì quasi dimenticato.

Dean sapeva che il professor Singer aveva insegnato a Hogwarts durante tutto il periodo delle sparizioni, ma non ne parlava mai. Nessuno parlava mai apertamente dei Demoni. C'era una specie di superstizione che diceva che se li nominavi, i Demoni sarebbero venuti a portarti via. Dean pensava che fosse ridicolo, ormai i Demoni erano solo buoni per spaventare gli studenti impressionabili del primo anno, ma gli sarebbe piaciuto sentire quello che il professor Singer aveva da dire su di loro.

Purtroppo, Singer non sembrava aver voglia di parlarne. Fece una smorfia e finì il suo tè. "Non sono affari tuoi, ragazzo," disse, tranciando ogni speranza che Dean aveva di scoprire qualcosa di più su quel mistero della scuola.

---

Dopo il pomeriggio a Hogsmeade, Dean e Castiel diventarono amici.

Dean fu sorpreso la prima volta che si imbattè nell'altro ragazzo mentre vagava per i corridoi vicino alla torre di Gryffindor, ma presto si abituò a incontrarlo in giro per il castello nelle pause fra le lezioni, o dietro al campo di quidditch dietro gli allenamenti, o vicino al lago nelle rare giornate di sole.

Castiel non aveva molti amici, come confessò lui stesso a Dean mentre facevano rimbalzare sassi sulla superficie del lago.

"Mia sorella e tutti i miei cugini sono in Slytherin," disse Castiel. "Tutti quanti nella mia famiglia sono stati Slytherin. Quando sono finito in Hufflepuff, loro... ci sono rimasti male."

Dall'espressione sulla sua faccia, ci sono rimasti male era probabilmente riduttivo.

"Ma ormai sei al terz'anno," disse Dean. "Dopo tutto questo tempo, ormai si saranno abituati all'idea."

Cas scosse la testa. "Gabriel dice che a lui non interessa in che casa sono. Però Raphael non vuole che gli altri parlino con me, e tutti fanno quello che dice lui perché è il maggiore."

Dean strinse un sasso nel pugno e desiderò poterlo lanciare contro Raphael.

"Raphael è un cretino," disse, secco. "Anch'io ci sono rimasto male quando mio fratello non è finito nella mia stessa casa, ma ormai ci ho messo una pietra sopra."

Non disse a Cas di come all'inizio aveva litigato con Sam. Il ricordo del mese che aveva passato senza parlare con suo fratello era troppo brutto, e Dean si vergognava a pensare che era stato stupido come Raphael.

"Tu sei una persona migliore di mio cugino, Dean," disse Castiel.

Dean fu preso alla sprovvista, e le sue dita scivolarono sul sasso che stava lanciando. Il sasso non fece neanche un rimbalzo e affondò nel lago con un piccolo splash.

Ogni tanto Castiel se ne usciva con esclamazioni imbarazzanti come quella, forse perché non era molto abituato a parlare con la gente, o forse perché viveva in un mondo tutto suo. Era un ragazzo strano, però Dean preferiva di gran lunga la sua compagnia al caos che regnava in quel periodo nella sala comune di Gryffindor.

Castiel ascoltava le lamentele di Dean senza dire niente, e soprattutto senza offrire stupidi consigli. Certo, Cas era completamente privo di tatto, ma non lo faceva apposta. Una volta Dean stava tornando dal campo di quidditch, bagnato fradicio e di pessimo umore, e Castiel gli aveva chiesto come stavano andando gli allenamenti. Aveva fatto la domanda con aria perfettamente innocente, come se non fosse ovvio che gli allenamenti stessero andando di merda, grazie tante. C'era voluto tutto l'autocontrollo di Dean per non sfogarsi contro di lui.

A parte questi incidenti, loro due andavano molto d'accordo. Dean aveva convinto Castiel a iniziare una collezione di figurine delle Cioccorane, e Castiel aiutava Dean con i compiti di Erbologia. Castiel sapeva molte più cose di Dean sulle erbe e le piante, nonostante fosse più piccolo di due anni. Dean non aveva idea di come avesse fatto a cavarsela fino ad allora senza Castiel che gli correggesse tutti i compiti e gli spiegasse le proprietà dell'aconito fra una partita a poker e l'altra.

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Verso l'inizio di dicembre, Dean scrisse una lettera a suo padre per informarlo di quando sarebbe finito il semestre e chiedergli se sarebbe venuto a prenderli in stazione quando sarebbero tornati a casa per le vacanze. La risposta, che arrivò la settimana dopo, era che John non sapeva ancora se avrebbe dovuto lavorare in quei giorni, erano molto occupati in officina nel periodo delle feste, e forse sarebbe stato meglio che lui e Sam aspettassero prima di fare piani per tornare.

"Vuol dire che non ci vuole fra i piedi," disse Sam dopo che Dean gli ebbe passato la lettera.

"Non è vero," insistè Dean. "Papà è occupato, tutto qui."

Sam scosse la testa. "Pensala come ti pare," disse. Avevano avuto quella conversazione fin troppe volte. "Io dirò al professor D'Eath che mi fermo a Hogwarts per Natale."

Il professor D'Eath insegnava Trasfigurazione ed era il capo della casa di Ravenclaw. Dean temporeggiò quando Singer chiese agli studenti di Gryffindor chi sarebbe rimasto a scuola per le vacanze, aspettando da un giorno all'altro che suo padre gli facesse sapere che aveva preso qualche giorno di ferie e li avrebbe aspettati a King's Crossing. Scrisse altre due lettere a casa, ma le risposte rimasero vaghe.

Alla fine, l'ultima settimana prima delle vacanze, gli toccò chiedere a Singer di aggiungerlo alla lista di studenti che rimasnevano a Hogwarts per Natale. Singer non disse niente, ma dal suo sguardo Dean capì che il suo nome era già su quella lista. La mattina dopo arrivò una lettera in cui John Winchester informava Dean che avrebbe lavorato per tutto il periodo estivo, gli chiedeva di scusarsi anche con Sam, e prometteva di spedire i loro regali entro la mattina di Natale.

Quando Dean gli passò la lettera, Sammy era così giù di morale che non sprecò neanche il fiato per dire "te l'avevo detto", anche se date le circostanze forse Dean se lo sarebbe meritato.

---

"Tuo fratello è triste perché Jess torna a casa per le vacanze," gli confidò Becky, fuori dalle serre di Erbologia.

Dean si soffiò sulle dita per riscaldarsele. Gli studenti di Ravenclaw avevano appena finito la loro lezione e stavano tornando al castello il più rapidamente possibile, ma il freddo non sembrava dar fastidio a Becky. In quanto a Dean, non vedeva l'ora di rifugiarsi nel calduccio della serra. I pettegolezzi non gli interessavano, e comunque Sam era triste perché avrebbero passato il Natale a Hogwarts, non per una stupida ragazzina.

"Devo andare," disse Dean, indicando la serra. "La lezione sta per cominciare, non vorrei entrare in ritardo." In realtà lui arrivava sempre in ritardo, con grande irritazione di tutti i professori, ma questo Becky non poteva saperlo.

La ragazza gli fece un sorrisone. "Certo," disse. "Anch'io devo andare a Divinazione." Però non sembrava avere alcuna intenzione di andarsene. Prese fiato e disse, così rapidamente che quasi non si capivano le parole, "Dean, vuoi venire a Hogsmeade con me il prossimo weekend?"

Dean aveva quasi dimenticato la sua mezza promessa di uscire insieme un giorno o l'altro. Più una balla che una promessa, a dirla tutta. Flirtò con l'idea di accettare l'invito e andare a Hogsmeade con Becky, magari ci sarebbe scappato anche un bacio sotto il vischio, ma l'idea non lo entusiasmava più di tanto.

"Mi spiace, ho già un impegno per quel pomeriggio," disse, e poi si rifugiò nella serra prima che Becky potesse dire altro.

Non era del tutto una balla. Lui e Castiel avevano in programma di andare a fare compere insieme, perché Dean non si fidava della puntualità di suo padre e non aveva intenzione di lasciare Sammy senza regali la mattina di Natale.

Anche se Cas non sembrava aver intenzione di comprare niente per sè stesso, aveva finalmente iniziato ad abituarsi ad entrare nei negozi. Adesso era lui ad attirare continuamente l'attenzione di Dean sugli oggetti più strani che si potessero trovare in vendita.

"Che ne dici di questo?" chiese, indicando a Dean un gigantesco maglione informe rosso e verde. Sul davanti c'era una renna, e quando Cas sfiorò il suo naso la renna si mise a cantare Jingle Bells con una vocetta acuta che attirò l'attenzione di tutti quanti nel negozio.

Dean scosse la testa. "Non credo che Sam lo apprezzerebbe," disse, affrettandosi a spostarsi davanti a un altro scaffale.

Cas, che non aveva ancora capito quali regali fossero accettabili e quali no, diede un'ultima lunga occhiata al maglione. "A tuo fratello non piacciono le renne?" chiese, come se quello fosse l'unico problema.

"Magari potrei regalargli un paio di guanti," disse Dean, cambiando il discorso. Ne esaminò alcuni paia con aria critica. Erano tutti di colori sgargianti, e decorati con dei giganteschi pon-pon.

"Questi pon-pon sono molto belli," disse Cas, mentre allo stesso tempo Dean sbuffò, "Tutti questi cosi sembrano sferruzzati a mano da una nonnetta artritica."

Cas mise il broncio. "A me piacciono," disse, stringendo le mani attorno alla propria sciarpa con aria protettiva. "La lana è così morbida!"

Non trovarono nulla che piacesse a entrambi nel negozio, quindi Dean decise di provare da Scrivenshaft e poi da Dervish & Banges. Lì c'erano molte più cose che sarebbero potute piacere a Sam, e l'umore di Castiel migliorò notevolmente quando riuscì a convincere Dean a scegliere un set di scacchi magici. Sam era proprio il tipo che avrebbe potuto appassionarcisi, anche se avrebbe dovuto chiedere a qualcun altro di insegnargli le regole, perché Dean era un pessimo giocatore.

A Honeydukes, Dean scelse una confezione regalo di Gelatine Tuttigusti per Victor. Non aveva nessun altro per cui prendere regali, dato che era arrabbiato sua con Gordon che con suo padre. Castiel comprò dei dolci assortiti e abbastanza marshmallow da sfamare un piccolo esercito.

Ci misero poco tempo a scegliere i dolci, ma il negozio era affollatissimo e alla cassa c'era una fila enorme.

"Non mi avevi detto che non mangiavi così tanti dolci?" chiese Dean mentre aspettavano il loro turno.

"Ho seguito il tuo suggerimento della volta scorsa e li ho divisi con la mia squadra," disse Cas. "Tutti quanti sono stati molto felici e mi hanno ringraziato." Aveva l'aria quasi solenne, come se stesse raccontando il risultato di un esperimento con delle pozioni. Come se prima di incontrare Dean non avesse avuto idea che ai ragazzini piacevano i dolci.

Dean sorrise e scosse la testa. "Sei senza speranza," disse. Poi gli venne in mente una cosa. "Torno subito, tienimi il posto in fila," disse, posando la sua scatola di Gelatine Tuttigusti in cima alla pila che Castiel stava reggendo.

Uscì dal negozio di dolci e tornò da Gladrags, dirigendosi dritto verso lo scaffale dei maglioni orrendi che a Cas piacevano così tanto. Il maglione con la renna costava troppo per le sue magre finanze, ma Dean trovò un maglione molto simile con un angelo sul davanti. Si assicurò che l'angelo non cantasse prima di comprarlo, poi ficcò il maglione nella borsa con il regalo per Sam e si affrettò a tornare da Cas.

Castiel era ancora in fila quando Dean rientrò tutto trafelato da Honeydukes. "Va tutto bene?" chiese Cas.

"Sì, avevo dimenticato una cosa," disse Dean, e per fortuna l'altro non chiese ulteriori spiegazioni.

Dean decise che la loro ultima tappa sarebbe stata il pub, The Three Broomsticks. Le guance di Castiel erano rosse per il vento, nonostante la sciarpa, e Dean aveva bisogno di riscaldarsi prima di iniziare a incamminarsi verso il castello.

Un sacco di loro compagni avevano avuto la stessa idea, e il locale era strapieno. Trovarono posto a un tavolo vicino alla finestra, così piccolo che Dean non poteva neanche muoversi senza andare a sbattere contro la sedia dietro di lui. Dean chiese una Burrobirra, mentre Castiel fece aspettare madama Rosmerta per quasi due minuti prima di decidersi a ordinare una cioccolata con panna.

Mentre aspettavano i loro ordini ci fu una pausa nella conversazione. Dean non sapeva di cos'altro parlare, e Cas si limitava a fissarlo. Era un po' come uscire con qualcuno per la prima volta, solo che di solito Dean risolveva la situazione dicendo alla ragazza che aveva dei bellissimi occhi. Castiel aveva gli occhi blu, notò Dean, non che questo lo aiutasse.

Dean si schiarì la gola e disse la prima cosa che gli veniva in mente. "Come vanno le lezioni di divinazione?"

Castiel si illuminò immediatamente. "La professoressa Wilson ha detto che dopo le vacanze inizieremo a studiare la divinazione con le foglie da tè," disse.

Dean non conosceva la Wilson, ma secondo Castiel era una vera veggente. Quando madama Rosmerta arrivò con i loro ordini, Castiel stava raccontandogli tutto quello che aveva letto sulle foglie da tè nei libri della biblioteca.

"Mi piacerebbe saper fare predizioni," disse Cas. "Però la professoressa Wilson dice che ci vogliono anni di pratica per imparare a interpretare i segni correttamente."

"Puoi provare a esercitarti a leggere il futuro nella cioccolata," disse Dean. Non si stupì più di tanto quando Castiel non capì che era una battuta.

"Non credo che il mio libro di testo spieghi come fare," disse, fissando la tazza con aria perplessa.

Dean si astenne dal fare altre battute e finì la sua Burrobirra, e poi passò il tovagliolo a Castiel perché si pulisse i baffi di cioccolata prima di tornare al castello.



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