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Quando iniziarono le vacanze, il castello diventò improvvisamente silenzioso. Tutti quelli del suo anno erano tornati a casa, e in circostanze normali Dean si sarebbe depresso tantissimo per essere rimasto da solo nel dormitorio, ma dopo tutti i litigi delle ultime settimane era un sollievo non dover litigare con Gordon mentre si lavava i denti o si infilava il pigiama.
Dean tornava nella torre di Gryffindor solo per dormire: il resto del tempo lo passava con Sam, Cas e Gabriel.
Era stata una sorpresa scoprire che i due Milton non sarebbero tornati a casa per le vacanze. Dean si immaginava che le loro famiglie vivessero in una casa gigantesca con stuoli di elfi domestici. I loro Natali erano sicuramente pieni di abeti interi addobbati a festa, dozzine di tacchini arrosto e ancora più parenti, zii e cugini in visita.
"Troppi cugini," disse Gabriel in risposta alle domande di Dean. Fece una smorfia. "È già tanto doverli sopportare tutto l'anno, non ce la faccio a vedere le loro facce anche a Natale." A quelle parole Castiel abbassò lo sguardo, e quando Gabriel se ne accorse gli pizzicò una guancia. "Non ti preoccupare, Cassie, la tua faccia è molto carina."
All'inizio Dean temeva che Gabriel li avrebbe tormentati per tutto il tempo, ma Gabriel si ingraziò i favori di tutti quando convinse il professor Singer a lasciargli usare l'aula vuota di Cura delle Creature Magiche. In fondo all'aula c'era un caminetto che veniva usato quando studiavano le creature di fuoco, ed era il posto perfetto per scaldare i marshmallow di Cas.
"Come hai fatto a convincere il professor Singer?" chiese Dean, con la bocca piena di marshmallow. Lui era il preferito di Singer, ma dubitava che sarebbe riuscito a ottenere le chiavi di un'aula per tutto il periodo natalizio.
Gabriel fece un sorrisetto di sufficienza. "Gli ho spiegato che era importante creare unità fra studenti di case diverse," disse. "Se avesse rifiutato, il piano B era accendere un falò in biblioteca."
Sam sembrava scandalizzato, ma Dean decise che poteva tollerare la compagnia di Gabriel. Almeno finchè c'erano marshmallow.
La mattina di Natale, Dean trovò un singolo pacchetto regalo ad aspettarlo ai piedi del letto. Per un attimo sperò che suo padre si fosse ricordato di spedire qualcosa, ma poi notò che il biglietto allegato era scritto nella calligrafia alta e stretta di Victor.
Buon Natale, Winchester! diceva il biglietto. Non mangiarle tutte in una volta sola.
Dean non aveva bisogno di scartare il regalo per sapere che erano Cioccorane, come al solito. Sia lui che Victor non avevano molta fantasia in fatto di regali. Era stata una fortuna che Castiel lo avesse aiutato a scegliere il regalo per Sam, altrimenti Dean avrebbe finito per prendere dei dolci anche per lui. Non che ci fosse niente di male nel regalare dolci, però Dean ci teneva a regalare a Sammy qualcosa di duraturo. Qualcosa che gli ricordasse che aveva ancora una famiglia.
Si vestì di corsa e prese i regali per Sam e Cas dal baule. Sembrava sciocco spedirli via gufo quando poteva consegnarli lui di persona.
I corridoi del castello erano pieni di spifferi, e Dean camminò il più in fretta possibile per evitare di diventare un ghiacciolo prima di raggiungere la Sala Grande. Sam e gli altri erano già lì, seduti al tavolo di Ravenclaw. I tavoli erano quasi del tutto vuoti durante le vacanze, e Dean e gli altri non ci avevano messo molto a decidere di sedersi tutti insieme fregandosene delle case. L'unico a protestare era stato il professor Crowley, ma la professoressa Missouri gli aveva lanciato una tale occhiataccia da farlo battere in ritirata senza aggiungere altro.
Quella mattina stava nevicando, e il soffitto della sala grande rifletteva il colore del cielo all'esterno, bianco-grigio e nuvoloso. C'erano anche dei fiocchi di neve che cadevano dall'alto, incantati per scomparire prima di toccare le loro teste. Gli altri erano già seduti al tavolo dei Ravenclaw, Sammy da una parte, Castiel e Gabriel dall'altra, e un grosso pacco in mezzo.
"Dean!" esclamò Sammy non appena lo vide, ignorando tutti i convenevoli. "Papà ci ha spedito un regalo!"
Dean stava per augurare buon Natale a tutti, ma le parole gli morirono sulle labbra. Lasciò da parte gli altri pacchetti e si inginocchiò sulla panca vicino a Sam. "Che cos'è?" chiese, osservando il pacco con aria critica.
"Non lo so," rispose Sam. "Stavo aspettando te per aprirlo insieme."
"Fate con calma," disse Gabriel. "Stiamo solo aspettando voi per fare colazione..."
Dean lo ignorò. Stava cercando di non pensare a cosa contenesse il pacco, sicuramente era qualcosa di stupido, John Winchester gli aveva mandato qualcosa per farsi perdonare di essere un fallimento come genitore, ma un giocattolo non sarebbe bastato a far passare a Dean l'arrabbiatura.
Afferrarono entrambi un lembo della carta che apriva il pacchetto e tirarono, strappandola via. Dentro al pacco c'era un libro, un enorme tomo rilegato in pelle. Dean non capiva perché loro padre gli avesse mandato proprio quello, e perché non poteva almeno regalargli un libro a testa, ma se lo tirò davanti e aprì a una pagina a caso.
"È un album di fotografie," disse Castiel, e Dean trattenne il fiato.
Tutte le pagine erano piene di foto di sua madre. C'erano foto di Mary da bambina mentre giocava con un'amica, Mary con i suoi genitori, Mary con la divisa di quidditch di Gryffindor... Andavano avanti per anni, fino alle foto più recenti in cui Mary teneva in braccio Sam neonato e Dean guardava il suo fratellino mentre dormiva.
"Pensavo non avesse tenuto nessuna foto di mamma," disse Dean, sfiorando le pagine. Era come ipnotizzato dalle foto.
Fra le pagine era infilato un biglietto d'auguri, probabilmente comprato in una cartoleria babbana perché aveva la copertina plastificata e l'illustrazione non si muoveva. "Ho chiesto a Ellen se aveva delle foto di vostra madre," lesse Sam. "Mi spiace non aver potuto darvelo prima. Buon Natale. Papà."
Dean si girò di lato e si passò la manica del maglione sugli occhi. Non sto piangendo, si disse, è la neve che mi va negli occhi. Anche se la neve si scioglieva ben prima di toccare terra.
Per nascondere la sua confusione, diede il suo regalo a Sammy. "Anch'io ho qualcosa per te," disse. Era una sciocchezza al confronto dell'album di fotografie, ma a Sammy la scacchiera piacque molto.
Anche Sam aveva un regalo per Dean, una piccola statuetta di drago che era stata incantata per muoversi come se fosse viva. "Non so se ti piaccia," disse Sam, diventando paonazzo. "L'ho ordinato per posta, non sapevo cosa prenderti." Dean protestò che invece gli piaceva tantissimo, e osservò il drago mentre marciava avanti e indietro lungo il tavolo e andava a sbattere contro coltelli e forchette.
Finalmente, Dean diede a Cas il suo regalo. "Questo è per te," borbottò. All'improvviso si sentì molto in imbarazzo, perché era ovvio che Cas non se l'aspettava ed era stato preso alla sprovvista.
"Ma io non ti ho preso niente in cambio," protestò Cas. "Non dovevi!"
"È una sciocchezza," mentì Dean, e trattenne il fiato mentre Cas apriva il maglione. "Se non ti piace, puoi cambiarlo con qualcos'altro... Non so neanche se la misura è giusta..."
La faccia di Cas si illuminò. "È bellissimo," disse, e se lo infilò sopra ai vestiti. "Grazie, Dean!" Aveva l'aria buffa, così infagottato e con i capelli arruffati, e Dean gli restituì il sorriso.
"Se voi due avete finito di flirtare, possiamo fare colazione?" protestò Gabriel. "Sto morendo di fame."
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Il resto delle vacanze lo passarono a giocare a palle di neve, a esplorare i passaggi segreti del castello e (quando Sam e Cas insistevano) a fare i compiti. A volte il professor Singer metteva la testa dentro all'aula di Cura delle Creature Magiche per controllare che non avessero ancora fatto esplodere nulla. Se era di buon umore i ragazzi riuscivano a convincerlo a fermarsi per il tè, e Singer li aiutava a scrivere i temi delle vacanze e gli raccontava di quando da giovane era andato in Sud America a studiare i draghi peruviani.
Di sera accendevano il fuoco nel caminetto, anche se i marshmallow erano tristemente finiti. Sam e Gabriel giocavano a scacchi, o meglio Gabriel stracciava Sam a scacchi e faceva commenti derogatori sulle sue strategie, mentre Dean e Cas li guardavano giocare e parlavano del più e del meno. Dean non sapeva giocare molto bene, ma Castiel insisteva che Sam stava migliorando e prima o poi sarebbe diventato più bravo di Gabriel.
Purtroppo gennaio arrivò troppo presto, le vacanze finirono e tutti gli altri studenti tornarono al castello. Con le lezioni e gli allenamenti di quidditch a tenerlo impegnato, Dean non aveva più tempo libero da passare con i ragazzi delle altre case. Sam aveva ricominciato a passare ogni secondo appiccicato a Jess, e Gabriel faceva di nuovo gruppo con tutti i suoi antipatici cugini.
Solo Castiel sembrava non avere nessun'altro amico con cui passare il tempo. Dean sapeva che anche lui era occupato con gli allenamenti, vedeva spesso la squadra di Hufflepuff che volava sopra al campo da quidditch, ma questo non impediva a Castiel di comparire davanti a Dean ogni volta che aveva un minuto libero.
Dean andò a vedere la partita di Hufflepuff contro Ravenclaw insieme a Victor e al resto della sua squadra. Non avrebbe dovuto tifare per nessuno, o al massimo tifare per Ravenclaw perché era la squadra di suo fratello. Non era bene che Hufflepuff vincesse, perché con due partite vinte Hufflepuff si portava al primo posto in classifica. Nonostante ciò, Dean non potè fare a meno di esultare quando Castiel prese il boccino con una manovra decisamente brillante.
"È bravo," commentò Victor, asciutto. "Sono tutti bravi. Ci daranno del filo da torcere quando li affronteremo."
"Preoccupati prima degli Slytherin," rispose Dean. "Non saranno altrettanto bravi, ma non è una ragione sufficiente per abbassare la guardia."Tutti erano d'accordo che quell'anno Slytherin fosse la squadra più scarsa, e Dean non voleva neanche pensare a cosa avrebbero fatto se si fossero fatti sconfiggere da loro.
Il giorno della partita contro Slytherin, Dean si svegliò di umore nero come il cielo sopra Hogwarts. Il suo discorso di incoraggiamento pre-partita alla squadra fu quasi una minaccia.
"Andiamo a umiliare quei bastardi!" urlò Gordon, alzando la mazza da battitore verso il soffitto degli spogliatoi. Dean fece un sospirone e incrociò le dita.
Iniziò a piovere poco dopo l'inizio, grosse gocce che gli appesantivano i vestiti e rendevano difficile vedere dove fosse il boccino. La voce di Gabriel, magicamente amplificata, era a malapena udibile sopra allo scroscio della pioggia. Dean lo ignorò e volò in cerchio sopra al campo, concentrandosi sulla ricerca del boccino.
Era molto più semplice se faceva finta di star giocando da solo, senza il pubblico e gli Slytherin e i commenti di Gabriel e la sua stessa squadra che faceva casino sotto di lui. Ogni tanto sentiva la voce dell'arbitro quando fischiava un fallo, e le proteste di Victor. Stavano perdendo per cento punti a sessanta, la voce di Gabriel lo informò a un certo punto, mentre volava vicino agli spalti, ma Dean continuò a ignorarlo. Tutto quello che gli importava era prendere il boccino prima dell'altra squadra.
Finalmente lo vide, vicino al bordo del campo. Il cercatore di Slytherin era uno degli innumerevoli Milton, Uriel del settimo anno. Era un veterano, ma era anche grande e grosso e lento. Dean non ebbe problemi a lanciarsi il boccino e a prenderlo prima ancora che Uriel si fosse accorto di quel che stava succedendo.
"L'ho preso," urlò Dean, e Gabriel gli fece eco, finchè anche l'arbitro non se ne accorse e fichiò la fine della partita, Gryffindor batte Slytherin per duecentoventi punti a centoventi. Uriel atterrò in una pozzanghera davanti a Dean e imprecò.
Dean era così di ottimo umore che quel giorno era disposto a ignorare tutte le frecciatine di Gordon. Prima dell'ultima partita gli avrebbe fatto un predicozzo a proposito di lanciare bolidi contro i suoi stessi compagni di squadra, ma per il momento non voleva uccidere l'atmosfera esultante che aleggiava nella squadra.
"Festa nella sala comune di Gryffindor," annunciarono Chris e Gwen. "Sbrigatevi, prima che Ronald finisca tutto il cibo!"
"Ehi!" protestò Ronald, ma si affrettò a correre verso il castello insieme agli altri.
Dean rimase indietro. Era bagnato fradicio e sentiva il bisogno di una lunga doccia bollente per togliersi il gelo dalle ossa.
Quando uscì dagli spogliatoi mezz'ora dopo, stringendosi nel mantello per evitare di inzupparsi di nuovo, Castiel era lì fuori ad aspettarlo.
Per un attimo Dean non lo riconobbe, avvolto com'era in una gigantesca sciarpa rossa, ma il tono con cui Cas diceva "ciao Dean" era inconfondibile.
"Cas," disse Dean, affrettandosi a ripararsi sotto al gigantesco ombrello che l'altro stava reggendo. "Cosa ci fai qui?"
"Sono venuto a vedere la partita," rispose lui, come se questo spiegasse il fatto che si fosse appostato fuori dagli spogliatoi, travestito da tifoso di Gryffindor. Come se avesse letto nel pensiero a Dean, iniziò a togliersi la sciarpa. "Sono contento che abbiate vinto."
"Non dovresti," rispose Dean. "Adesso Gryffindor e Hufflepuff hanno due vittorie a testa, sarà una finale combattuta."
Castiel alzò le spalle. "Meglio così," disse, la voce un po' attutita dalla sciarpa. "Entrambe le nostre squadre sono molto forti, sarà una bella partita."
Provò di nuovo a tirare un lembo della sciarpa. Se l'era attorcigliata davanti alla faccia, e con una mano sola non riusciva a toglierla.
"Che imbranato," borbottò Dean. Poi gli ingiunse di stare fermo e in pochi secondi slegò il nodo della sciarpa. "Ecco," disse, piegandola alla bell'e meglio e porgendola a Castiel.
Castiel strinse il manico dell'ombrello con entrambe le mani e scosse la testa. "Veramente, l'ho fatta per te," disse. "È il mio regalo di Natale in ritardo."
Dean abbassò gli occhi sulla sciarpa. Era di un color scarlatto molto vivace, più simile all'arancione che al rosso di Gryffindor, e il bordo era a tratti irregolare, ma era morbidissima. "L'hai fatta tu?" ripetè. Sorrise al pensiero di Castiel che lavorava a maglia di sera davanti al caminetto della sala comune di Hufflepuff, con lo sguardo serio e la lingua fra i denti per la concentrazione.
Castiel annuì. "Sei stato molto gentile a farmi un regalo, e io non ho potuto ricambiare," disse. "Mi spiace averci messo così tanto, sono ancora un principiante e non so fare altro che sciarpe."
"Grazie mille," disse Dean. Si avvolse la sciarpa attorno al collo. Era così lunga che dovette fare tre giri per evitare che le estremità toccassero per terra. Sicuramente ora aveva l'aria infagottata come Castiel. Lui non era proprio il tipo da indossare sciarpe, specie non sciarpe così mostruosamente grandi, ma Castiel ci aveva probabilmente messo giorni a finire questa cosa. "Mi piace molto," mentì.
A quelle parole, Castiel sorrise, sollevato. Dean sarebbe volentieri rimasto a chiacchierare con lui e a discutere la partita, ma i suoi compagni di squadra lo stavano aspettando nella sala comune di Gryffindor.
"Ci vediamo in giro," disse a Castiel, e corse via tirandosi il cappuccio del mantello sopra alla testa per evitare di bagnare la sciarpa.
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Sam aveva insistito perché Dean tenesse l'album di fotografie. All'inizio Dean aveva protestato che non era equo, ma l'album era molto voluminoso e non potevano portarlo avanti e indietro dalla torre di Gryffindor alla torre di Ravenclaw come avrebbe voluto fare lui. Così Sam aveva tenuto solo una foto (quella di Mary con loro due da piccoli, sfilata con cautela per evitare di rovinarla) e Dean aveva riposto l'album nel baule ai piedi del suo letto.
Ogni tanto Dean tirava fuori l'album e lo sfogliava, cercando di immaginarsi che tipo di persona fosse stata sua madre, quali fossero le sue materie preferite e se conoscesse tutti i passaggi segreti che aveva scoperto Dean. Era qualcosa a cui Dean aveva sempre pensato, ma adesso con le foto davanti agli occhi era molto più facile indovinare che Mary era stata capitano della squadra di quidditch e che Ellen era la sua migliore amica.
Una domenica mattina era sdraiato a pancia in giù sul suo letto, con l'album aperto alla pagina della cerimonia del diploma. C'era una foto di gruppo con tutti gli studenti di quell'anno, una con Mary da sola che stringeva la pergamena del diploma in una mano e la bacchetta nell'altra, e pure una foto in cui Mary stringeva la mano a un ometto baffuto che Dean immaginava fosse il preside di allora.
Un movimento improvviso attirò la sua attenzione. Una delle figure nello sfondo si era girata verso di lui per un attimo, e Dean aveva l'impressione di aver già visto quel mago. Non aveva alcun senso, Dean non conosceva nessuno che fosse a Hogwarts vent'anni prima. Rimase a fissare la foto finchè il mago non si girò di nuovo e, quando lo riconobbe, trasalì: era il professor Azazel. Era quasi irriconoscibile, con i capelli più corti e senza i suoi soliti occhiali, ma era lui di sicuro.
Dean prese l'album e si precipitò nella sala comune. Victor e Pam stavano giocando a carte in un angolo. "Guarda qui," disse Dean, scaraventando l'album sul tavolo davanti a Victor.
Alcune carte caddero sul pavimento. "Ehi," protestò lui, ma si chinò comunque sul libro. "Cose dovrei guardare?"
"Qui," disse Dean, indicando la foto. Punzecchiò le altre persone nella foto per farle scostare. Sua madre e il preside avevano l'aria offesa, e Dean chiese loro scusa mentalmente. "Guarda, non ti sembra il professor Azazel?"
Victor aggrottò la fronte, poi annuì. "Hai ragione, è Azazel," disse.
Anche Pam si sporse in avanti, curvandosi sulla foto finchè il suo naso quasi non toccava la pagina. "È proprio lui," confermò. "Non sapevo che avesse già insegnato qui, anni fa."
"Non solo anni fa," disse Dean, che aveva avuto un'idea improvvisa. "Azazel era a Hogwarts poco più di vent'anni fa. Quello era circa il periodo degli attacchi dei Demoni, no?"
Pam e Victor gli lanciarono un'occhiataccia. "Anche se fosse, che vuoi farci?" chiese Victor. "Accio carte." Recuperò le carte dal pavimento e si mise a mescolarle.
"Tu non vuoi saperne di più su questo mistero?" insistè Dean.
Victor scrollò le spalle. "L'unico mistero qui è chi avrebbe vinto se tu non avessi interrotto la partita di prima."
Dean sbuffò e li lasciò al loro gioco. Tornò nel dormitorio a riporre l'album nel baule e, dopo un attimo di esitazione, si gettò la sciarpa rossa sulle spalle anche ormai se faceva quasi troppo caldo per metterla.
Trovò Castiel in biblioteca, chino su un ponderoso trattato sulle erbe selvatiche della Scozia, ma Castiel spinse via il libro quando Dean si sedette vicino a lui.
"Ciao, Dean," disse.
"Cas," disse Dean. "Hai un minuto? Voglio la tua opinione su una cosa."
Castiel inclinò la testa, e Dean gli raccontò quello che aveva saputo. "Magari è uno dei professori che se n'erano andati perché avevano paura di essere rapiti," concluse con un sorrisetto. Avrebbe voluto dire che il professor Azazel era un gran codardo.
Però, Castiel scosse la testa con decisione. "Questo non è possibile," disse. "La mia famiglia dice che il preside Shurley ha convinto tutti i professori che se n'erano andati a tornare. È per quello che è tenuto in gran stima da tutti i maghi, anche quelli che disprezzano i mezzosangue."
Dean lo guardò con invidia. Lui non avrebbe neanche saputo dire che il preside era un mezzosangue. Doveva essere bello crescere in una famiglia di maghi e sapere tutte queste cose.
Aggrottò la fronte. "Se Azazel se n'è andato da Hogwarts vent'anni fa, deve centrare qualcosa con i Demoni. Non può essere una coincidenza. Non si è licenziato, altrimenti il preside l'avrebbe convinto a tornare," disse, e Castiel annuì a quelle parole. "Però non è neanche uno degli insegnanti rapiti, tutti sanno che quelli non sono più tornati. Quindi..."
Si interruppe, perché accusare uno dei professori di essere un mago oscuro era un po' troppo, anche per lui. Castiel lo stava fissando con aria imperscrutabile.
"Singer mi aveva detto di stare attento ad Azazel," disse Dean, ricordandosi all'improvviso della loro conversazione qualche settimana prima. "Mi ha praticamente detto che Azazel era a Hogwarts nel periodo dei Demoni, e io non l'ho capito. Pensavo che mi stesse solo minacciando come si fa con i primini, sai, se fai lo scemo nei corridoi i Demoni ti porteranno via," disse, in una passabile imitazione della voce di Singer. Poi abbassò la voce fino a un bisbiglio. "Ma tu credi che sia possibile che Azazel sia uno di loro?"
Castiel si morse il labbro e per un attimo non rispose. "Uno dei Demoni?" disse. Per un attimo Dean temette che anche lui gli avrebbe dato la stessa risposta disinteressata di Victor e Pam, ma Castiel si mosse un labbro, incerto. "Non lo so. È un'ipotesi plausibile. Se fosse così, cosa vorresti fare?"
Dean non aveva neanche pensato a quello. "Non ne ho idea," ammise. "Però adesso voglio scoprirne di più."
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Scoprire informazioni sul professor Azazel, però, era più facile a dirsi che a farsi. Nessuno parlava mai apertamente dei Demoni, e Dean non poteva certo chiedere agli altri professori se per caso il loro collega fosse un mago oscuro. Provò di nuovo a chiedere al professor Singer, ma ottenne solo un'occhiataccia e un'ingiunzione di tenere il naso fuori da faccende che non lo riguardavano.
Castiel provò a chiedere alla professoressa Missouri che, pur essendo più gentile e ben disposta verso il suo studente preferito, era a Hogwarts solo da una decina d'anni e non poteva gettare alcuna luce sulla faccenda.
Finalmente, Castiel riuscì a prendere in prestito un tomo polveroso che riportava tutti gli insegnanti di Hogwarts a partire dal 1700. In una scrittura piccola e irregolare, una delle pagine più recenti conteneva il nome A. Azazel, già detentore della Cattedra di Difesa contro le Arti Oscure per sei anni dal 19... al 19..., nuovamente alla Cattedra di Difesa contro le Arti Oscure. L'anno in cui Azazel se n'era andato da Hogwarts era lo stesso anno dei Demoni.
"Non può essere una coincidenza!" esclamò Dean quando Castiel gli fece leggere il paragrafo.
Castiel scosse la testa. "Che cosa vuoi fare?" chiese.
Quella notte Dean aspettò che tutti gli altri fossero addormentati e scivolò fuori dal dormitorio e dalla sala comune senza fare rumore. La Dama Grassa si svegliò quando Dean aprì il passaggio, ma era ancora intontita dal sonno e prima che lei potesse chiedere "Chi è?" Dean era già sparito dietro l'angolo.
Aspettò Castiel nel passaggio segreto che collegava il primo e il terzo piano. Era un passaggio comodo perché non lo conoscevano in molti, e finchè era nascosto dietro alla tappezzeria le probabilità di essere scoperto dal custode o da un professore erano basse. Ovviamente, una volta fuori di lì sarebbe stato allo scoperto.
Per un po' pensò che Castiel non sarebbe venuto. Lo studente di Hufflepuff aveva la faccia da bravo ragazzo, Dean era sicuro che non avesse mai infranto una regola in vita sua. Non si sarebbe stupito se Cas avesse cambiato idea all'ultimo momento e fosse andato a dormire invece di rischiare l'espulsione.
Era passata mezzanotte quando finalmente Castiel arrivò, avanzando a tentoni lungo il muro per evitare di inciampare al buio.
"Dean," bisbigliò, e Dean si mise un dito davanti alle labbra anche se Cas non poteva vederlo.
"Sssh," sibilò. Scostò la tappezzeria e, dopo aver controllato che non ci fosse nessuno in giro, prese per mano Castiel e lo trascinò lungo i corridoi.
Non era la prima volta che Dean andava in giro nel castello dopo il coprifuoco. In pochi minuti arrivarono davanti all'ufficio del professor Azazel.
Dean si girò a guardare Castiel, a malapena visibile nella luce della luna che entrava dalle finestre. "Ultima possibilità di tornare indietro," disse. Castiel non rispose, ma scosse la testa in silenzio, per niente intenzionato ad andarsene. Dean sorrise. "Alohomora," mormorò, colpendo la serratura con la bacchetta.
La porta si aprì con uno scricchiolio che fece gelare il sangue nelle vene a Dean. Era sicuro che tutto il castello avesse sentito, e si preparò a correre non appena fosse spuntato qualcuno da dietro l'angolo. Dopo quasi un minuto, quando nessuno sbucò per metterli in punizione, Dean tirò un sospiro di sollievo e fece cenno a Castiel di seguirlo nell'ufficio.
Una volta chiusa la porta, si sentirono abbastanza al sicuro da mormorare un rapido Lux per accendere la punta delle bacchette. "Cosa stiamo cercando?" chiese Castiel in un bisbiglio.
"Non lo so," disse Dean. Si mise ad aprire i cassetti della scrivania di Azazel, mentre Castiel esaminava i volumi della sua libreria.
C'erano un sacco di oggetti misteriosi nell'ufficio. Dean non sapeva a che cosa servissero, ma avevano l'aspetto abbastanza pericoloso da fargli passare la voglia di toccarli. Si fermò davanti a una bottiglia che conteneva un liquido scuro.
"Ew," esclamò. "Questo è sangue?"
"Può darsi," rispose Castiel, senza alzare gli occhi dal libro che stava leggendo. "Dean... Questi libri parlano tutti di magia oscura, così oscura che non è neanche insegnata nel corso di Difesa del settimo anno." Aggrottò la fronte, tracciando con un dito il diagramma disegnato su una pagina. "Non dovremmo leggere questo libro. Non dovremmo neanche essere qui..."
"No," confermò una voce dietro a Dean. "Non dovreste essere qui."
Dean e Cas si voltarono di scatto, puntando la bacchetta contro il professor Azazel.
"Noi..." cominciò Dean. "Sappiamo cosa hai fatto."
"Davvero?" rispose lui, asciutto. "Ne dubito molto. Mettete via quelle bacchette prima che qualcuno si faccia male."
Le dita di Dean si strinsero attorno a pugno quando Azazel estrasse la propria bacchetta da una tasca del mantello, ma il professore si limitò ad agitarla per accendere una lanterna. Poi indicò loro la porta.
"Muovetevi, non ho tutta la notte da perdere," disse. "Seguitemi."
Dean si sentiva la gola secca. "Vuoi portarci dal tuo capo?" chiese.
Azazel gli lanciò un'occhiata strana e non rispose.
Era molto peggio di quanto Dean o Cas avessero potuto immaginare. Azazel li portò dal preside Shurley.
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Il preside era ancora in vestaglia e pantofole, ma a Dean non era mai apparso più terrificante.
Dean cercò di inventarsi una scusa convincente che spiegasse perché lui e Castiel stessero frugando nei cassetti di un professore all'una di notte, ma tutta la faccia tosta del mondo non poteva salvarli quando erano stati colti in flagrante.
Castiel, poi, non era assolutamente in grado di mentire. Quando Shurley mandò a chiamare il professor Singer e la professoressa Missouri, Castiel cadde a pezzi e confessò tutto, compreso il fatto che sospettavano che Azazel fosse uno dei Demoni. "Ci sono libri sulle arti oscure nel suo ufficio," disse con voce flebile.
Singer diede un grugnito di disprezzo. "Cosa mi direte dopo, che il professor Crowley ha delle pozioni velenose nel suo laboratorio," disse, e Castiel abbassò la testa, mortificato.
"Non è colpa sua!" esclamò Dean. "Sono stato io ad avere l'idea, ho convinto io Castiel a infrangere il coprifuoco. Dovreste punire me."
"Certo che verrai punito, di questo puoi starne certo," lo fulminò Singer. "Non ho dubbi che questa sia una delle tue solite trovate. Ma non credere che il tuo complice la passerà liscia."
"No," confermò Missouri, scuotendo la testa. Sembrava più triste che arrabbiata. "Castiel, da te non mi sarei mai aspettata una cosa del genere. Cinquanta punti da Hufflepuff, e una settimana di punizione. Ti sembra equo, Azazel?"
Lui inclinò la testa. "Siete stati fortunati che io vi abbia trovato," disse. "C'è una ragione per cui quei libri sono tenuti sotto chiave, avete rischiato di perdere ben più di punti per la coppa delle case." Sembrava quasi divertito.
Singer, invece, scrollò le spalle. "Cinquanta punti anche da Gryffindor, e una settimana di punizione anche per l'altro idiota." Dean era convinto che, se fosse dipeso unicamente da lui, sarebbe stato molto più severo.
Castiel era sbiancato. Probabilmente non aveva perso neanche un punto in tutta la sua carriera. Dean avrebbe voluto più di ogni altra cosa chiedergli scusa, perché era stato un perfetto idiota ed era colpa sua se si trovavano in questo pasticcio, ma non si azzardava a parlare davanti ai professori.
Shurley sospirò e si passò una mano davanti agli occhi. "Non ho dubbi che, se non ve lo dicessi io, cerchereste di nuovo di importunare il professor Azazel." Si girò verso di lui e chiese, "Posso dirglielo?"
Azazel strinse le labbra. "Quando sono tornato, mi hai promesso che nessuno sarebbe andato a rivangare il passato," disse, ma poi annuì.
"Come sapete," disse il preside a Dean e Cas, "i Demoni erano un gruppo di maghi che studiavano le arti oscure. Il professor Azazel era uno di loro." Dean spalancò la bocca, ma prima che potesse dire alcunchè il preside lo zittì con un cenno. "Però, quanda si accorse che gli altri membri non si limitavano a studiarle e si erano messi a praticare le arti oscure, il professor Azazel lasciò il gruppo. È grazie al suo aiuto che gli Auror sono riusciti a catturare tutti i Demoni rimanenti."
"Non mi sono guadagnato molti amici con il mio tradimento," disse Azazel. "Quindi vi sarei grato se teneste questa storiella fra voi." Sembrava una minaccia. Anzi, conoscendolo era sicuramente una minaccia.
Singer scortò Dean fino alla torre di Gryffindor, "Per evitare che ti cacci di nuovo nei guai, ragazzo," e Dean non ebbe occasione di chiedere scusa a Cas.
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Dopo aver affrontato il preside e i professori, a Dean toccò affrontare i suoi compagni. Victor era il miglior amico di Dean ed era abituato a vederlo finire nei guai, ma anche lui era scandalizzato all'idea che Dean si fosse intrufolato nell'ufficio di un professore.
Dean non nominò il fatto che stessero cercando prove che Azazel fosse uno dei Demoni. Azazel l'avrebbe spellato vivo se avesse saputo che Dean raccontava i suoi segreti, e inoltre più Dean ci pensava e più l'idea gli sembrava cretina. Sicuramente il preside conosceva molto di più sui Demoni che un paio di studenti, e aveva fatto tutte le dovute ricerche prima di assumere Azazel. Si sentiva un idiota per non averci pensato prima.
La cosa peggiore era che Singer aveva organizzato la sua punizione in modo che per tutta la settimana Dean non avrebbe avuto un minuto libero. Dalla fine delle lezioni all'ora di cena, e poi per tre ore dopo cena, Dean doveva presentarsi in biblioteca e ricopiare delle pergamene che parlavano della storia della scuola, così vecchie che rischiavano di sbriciolarsi.
"Così non avrò neanche il tempo di fare i compiti e studiare," aveva protestato Dean quando Singer gli aveva spiegato cosa avrebbe dovuto fare.
"Non pensavo che fossi così preoccupato dei tuoi voti," rispose Singer. "Se ci tieni tanto puoi studiare di notte, tanto mi sembra che tu non abbia bisogno di dormire."
Ovviamente, avrebbe dovuto saltare anche tutti gli allenamenti di quidditch. A malincuore Dean spiegò la situazione alla squadra, e diede a Victor gli schemi di gioco che avrebbero dovuto studiare durante la settimana.
"Non preoccuparti, faremo del nostro meglio senza di te," gli disse Victor, dandogli una pacca rassicurante sulla spalla.
"Sì, Winchester, non preoccuparti," disse Gordon, con aria tutt'altro che rassicurante.
La parte peggiore era che Tessa diede a Dean la colpa di tutto quello che era successo. "Ho sempre saputo che attiravi guai, Winchester," gli disse. "Non avrei dovuto lasciare che trascinassi Castiel in una delle tue follie."
Confessò che era stata lei a chiedere a Castiel di diventare amico di Dean, per poter spiare le strategie di Gryffindor. "Non negare che anche tu stavi facendo la stessa cosa," disse. "Altrimenti, perché mai avresti voluto diventare amico di Castiel?"
Dean voleva negare, ma Castiel era lì vicino e lo stava guardando con quei suoi occhi imperscrutabili. Pensavo che fossimo amici, avrebbe voluto dire. Invece disse, "Certo, perché mai avrei voluto essere suo amico?"
Castiel se ne andò senza un'altra parola.
Quando finalmente la settimana di punizione finì, Dean si buttò negli allenamenti di quidditch con tutto sè stesso, come se potessero aiutarlo a dimenticare tutti i casini che aveva combinato. La sua assenza però era solo servita a far peggiorare Gordon, che era ormai convinto che Dean fosse inutile per la squadra.
"Ormai passi tutto il tempo con Milton," strillò Gordon. "Devi scegliere, o stai con la squadra o te ne vai!"
"No, sei tu che devi scegliere!" gli rispose Dean, paonazzo.
Ogni tanto Dean vedeva da lontano gli Hufflepuff che si allenavano, sette macchie gialle che volavano sopra il campo da quidditch, e cercava di indovinare quale di loro fosse Cas.
L'unica cosa che sapeva per certo, anche senza che Cas glielo dicesse, era che gli allenamenti degli Hufflepuff andavano molto meglio dei loro. Sembravano molto affiatati. Sicuramente non dovevano interrompersi e atterrare ogni dieci minuti perché Gordon aveva di nuovo tirato un bolide contro Ronald e Ronald era caduto dalla scopa.
Ebbero un litigio di troppo e alla fine Gordon lasciò la squadra, gettando drammaticamente la mazza in mezzo al campo. Mancavano due settimane alla finale.
Dovettero fare una riunione d'emergenza nella sala comune e cercare qualcuno che sostituisse Gordon. "Chiunque va bene, basta che sappia tenere in mano una mazza," insistè Dean. Non era una situazione ideale, sicuramente non era la squadra che avrebbe scelto per la finale, ma senza un settimo giocatore sarebbero stati obbligati a dare forfeit.
Purtroppo non c'erano molti disposti a rischiare di prendersi un bolide sui denti, o un'umiliazione davanti a tutta la scuola.
Toccò a Victor andare dal professor Singer e supplicarli di lasciar giocare Harvelle, l'unica studentessa abbastanza coraggiosa o abbastanza folle da offrirsi volontaria per giocare.
Victor tornò poco dopo con la faccia lunga e la risposta di Singer. "Ha detto che Harvelle può giocare," disse. "Ma ha anche detto che ci conviene metterci sotto con gli allenamenti, perché quelli di Hufflepuff ci faranno neri."
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La partita contro Hufflepuff fu la partita più lunga e più snervante che Dean ebbe mai giocato. Gryffindor e Hufflepuff erano testa a testa sia per la coppa del quidditch che per la coppa delle case, e chiunque avesse vinto la partita si sarebbe aggiudicato entrambe. Dean entrò in campo sentendosi le farfalle nello stomaco, e più il tempo passava più aumentava il suo nervosismo, finchè gli sembrò di avere non solo farfalle ma un intero branco di draghi selvatici nello stomaco.
Harvelle era una giocatrice brava, ma Ronald era così nervoso che commetteva un sacco di errori. A un certo punto mancò in pieno un bolide e quasto colpì Chris nello stomaco, facendolo quasi cadere dalla scopa. Poi, mentre Harvelle e Ronald cercavano di difendere Pam mentre segnava, un altro bolide colpì Gwen alla tempia.
"Sto bene!" strillò lei, facendo cenno a Dean di continuare a giocare.
Dean cercò di concentrarsi sul boccino e non sulla partita, ma era difficile quando Gabriel commentava senza pietà ogni goal che subivano. I loro battitori non erano abituati a lavorare insieme, i cacciatori erano preoccupati per la propria incolumità e non riuscivano a segnare, e gli Hufflepuff li stavano stracciando.
Dopo un'ora di gioco, il risultato era di duecento a settanta per gli Hufflepuff. Se fosse andata avanti così, non sarebbe neanche servito il boccino per decidere il risultato finale. Dean fece un altro giro del campo, tenendo d'occhio Castiel che parecchi piedi più in basso di lui stava facendo lo stesso.
Gwen oltrepassò Tessa con una finta e segnò. "Così si fa," le gridò Dean.
Poi si girò e, con un tuffo al cuore, vide che Castiel stava volando verso il boccino. Era vicino al prato, più vicino a Dean che a lui, ma Cas aveva preso velocità e l'avrebbe raggiunto per primo. Dean strinse il manico della scopa e si lanciò in picchiata verso il basso.
Sentì a malapena Gabriel che gridava "Il boccino!", poi il rumore del vento nelle orecchie lo assordò.
Accelerò finchè non era quasi in caduta libera, stringendo gli occhi e cercando di tenerli aperti, aspettando fino all'ultimo minuto. Raggiunse Cas e per un istante furono testa a testa, finchè Cas non rallentò, non molto ma abbastanza da permettere a Dean di superarlo.
Dean tese un braccio in avanti e prese il boccino a pochi piedi dal suolo, raddrizzando la scopa giusto in tempo per non schiantarsi, atterrando fra l'esultanza della metà scarlatta dello stadio.
Il boccino si stava ancora agitando fra le sue dita. Dean rimase impietrito a mezz'aria mentre Gabriel strillava il risultato finale.
"Duecentoquaranta a duecento! Gryffindor vince la partita e la coppa del quidditch!"
"Abbiamo vinto!" strillò Harvelle. Si lanciò verso Ronald e lo abbracciò così violentemente che per poco non caddero entrambi dalla scopa.
Gwen, Christian e Pam stavano facendo un giro trionfale dello stadio, volando così rapidamente che sembravano tre macchie scarlatte.
"Ce l'abbiamo fatta, Winchester!" gli strillò Victor, e Dean sorrise e alzò verso il cielo il pugno che stringeva ancora il boccino.
Finalmente riuscirono ad atterrare, sempre scambiandosi abbracci e pacche sulle spalle. I sette giocatori di Hufflepuff erano già schierati in fila sul campo.
"Congratulazioni," disse Tessa a Dean. "È stata una bella partita"
"Anche voi," rispose Dean stringendole la mano. "Mi spiace di avervi accusato di voler barare, avete giocato davvero bene."
Tessa gli fece un sorriso triste. "Ci riproveremo l'anno prossimo."
Dean passò oltre per stringere la mano al portiere di Hufflepuff, e poi ai battitori. Era incredibilmente fiero della vittoria, e ancora più fiero della sua squadra. Harvelle aveva giocato benissimo, e anche Gwen era riuscita a farsi valere nonostante barcollasse ancora dopo il colpo alla testa. L'unica cosa che lo lasciava perplesso era la sua stessa cattura del boccino.
In fondo alla fila c'era Castiel, che tese la mano a Dean con aria esitante. "Congratulazioni," disse. Rispetto agli altri giocatori, aveva l'aria molto meno triste. Dean doveva chiederglielo.
"Cas," disse Dean a bassa voce. "Mi hai fatto vincere apposta?"
L'altro ragazzo si impietrì. "Perché dici una cosa del genere?"
"Tu eri più vicino," rispose Dean. "Avresti dovuto arrivarci prima tu. Invece l'ho preso io, e tu non sembri neanche dispiaciuto. Perché?"
Cas si strinse nelle spalle. "Perché tu hai più esperienza e sei un giocatore migliore di me," rispose. "Perché se non avessi rallentato mi sarei schiantato contro il terreno." Guardò Dean dritto negli occhi. "Non avrei mai potuto lasciarti vincere apposta, tu non sopporteresti una cosa simile. E io non voglio che tu sia arrabbiato con me."
Un ragionamento del genere era proprio tipico di Castiel. "Non sono arrabbiato con te," disse Dean.
Quando Castiel sorrise, Dean si sentì di nuovo le farfalle nello stomaco. Ma la partita era finita e non aveva più essere nervoso. A meno che la ragione del suo nervosismo non fosse il quidditch, ma tutt'altro.
Castiel, a cui piacevano i marshmallow e i libri di Erbologia e le foglie di tè. Castiel, con i suoi occhi di un blu impossibile che quasi non sembrava vero. Quello sciocco di Castiel, che perdeva sempre a poker e non capiva le barzellette, ma aveva regalato a Dean una sciarpa fatta a mano per Natale. Dean non si ricordava neanche perchè avevano litigato, l'unica cosa a cui riusciva a pensare era che aveva evitato Castiel nelle ultime settimane, e tutto per motivi così stupidi. Fu solo allora, mentre erano uno davanti all'altro in mezzo al campo di quidditch, che Dean si accorse di quanto gli era mancato Cas.
Dean fece per stringere la mano a Castiel, ma poi cambiò idea. D'impulso afferrò il davanti della divisa di Castiel e se lo tirò vicino. Gli occhi di Castiel si spalancarono per la sorpresa, ma prima che potesse reagire Dean si chinò in avanti e lo baciò.
Il cuore gli batteva all'impazzata all'idea di stare baciando Castiel in mezzo al campo da quidditch, davanti a tutti i professori e gli studenti, ma più di ogni altra cosa Dean era terrorizzato che Castiel lo respingesse.
Furono i cinque secondi più terrificanti di tutta la vita di Dean, e questo includeva il momento in cui il professor Azazel li aveva sorpresi nel suo ufficio. Il bacio fu abbastanza sgraziato, solo labbra contro labbra, ma Dean pensò che non se ne sarebbe scordato finchè viveva.
Quando si tirò indietro, Castiel aveva ancora gli occhi spalancati, ma non sembrava pronto ad estrarre la bacchetta e a maledire Dean. Era probabilmente un buon segno.
Sugli spalti, l'agitazione di Gabriel aveva oltrepassato ogni limite. "Così si fa, cuginetto! Whooop! Siete una coppia fantastica!" riuscì a gridare prima che un professore si impadronisse del microfono.
Castiel arrossì. "Ehm," disse.
"Ehm," fece eco Dean. Poi si ricordò della coppa e dei suoi compagni di squadra. "Credo di dover andare ad accettare una coppa," disse. "E poi ci saranno probabilmente dei festeggiamenti nella sala comune..."
"Sì," disse Cas. Inclinò la testa di lato. "Ci vediamo dopo?"
Finalmente, Dean sorrise. "Ci vediamo dopo," confermò, e corse a raggiungere i suoi compagni di squadra sul podio.
parte prima | parte seconda | parte terza
Dean tornava nella torre di Gryffindor solo per dormire: il resto del tempo lo passava con Sam, Cas e Gabriel.
Era stata una sorpresa scoprire che i due Milton non sarebbero tornati a casa per le vacanze. Dean si immaginava che le loro famiglie vivessero in una casa gigantesca con stuoli di elfi domestici. I loro Natali erano sicuramente pieni di abeti interi addobbati a festa, dozzine di tacchini arrosto e ancora più parenti, zii e cugini in visita.
"Troppi cugini," disse Gabriel in risposta alle domande di Dean. Fece una smorfia. "È già tanto doverli sopportare tutto l'anno, non ce la faccio a vedere le loro facce anche a Natale." A quelle parole Castiel abbassò lo sguardo, e quando Gabriel se ne accorse gli pizzicò una guancia. "Non ti preoccupare, Cassie, la tua faccia è molto carina."
All'inizio Dean temeva che Gabriel li avrebbe tormentati per tutto il tempo, ma Gabriel si ingraziò i favori di tutti quando convinse il professor Singer a lasciargli usare l'aula vuota di Cura delle Creature Magiche. In fondo all'aula c'era un caminetto che veniva usato quando studiavano le creature di fuoco, ed era il posto perfetto per scaldare i marshmallow di Cas.
"Come hai fatto a convincere il professor Singer?" chiese Dean, con la bocca piena di marshmallow. Lui era il preferito di Singer, ma dubitava che sarebbe riuscito a ottenere le chiavi di un'aula per tutto il periodo natalizio.
Gabriel fece un sorrisetto di sufficienza. "Gli ho spiegato che era importante creare unità fra studenti di case diverse," disse. "Se avesse rifiutato, il piano B era accendere un falò in biblioteca."
Sam sembrava scandalizzato, ma Dean decise che poteva tollerare la compagnia di Gabriel. Almeno finchè c'erano marshmallow.
La mattina di Natale, Dean trovò un singolo pacchetto regalo ad aspettarlo ai piedi del letto. Per un attimo sperò che suo padre si fosse ricordato di spedire qualcosa, ma poi notò che il biglietto allegato era scritto nella calligrafia alta e stretta di Victor.
Buon Natale, Winchester! diceva il biglietto. Non mangiarle tutte in una volta sola.
Dean non aveva bisogno di scartare il regalo per sapere che erano Cioccorane, come al solito. Sia lui che Victor non avevano molta fantasia in fatto di regali. Era stata una fortuna che Castiel lo avesse aiutato a scegliere il regalo per Sam, altrimenti Dean avrebbe finito per prendere dei dolci anche per lui. Non che ci fosse niente di male nel regalare dolci, però Dean ci teneva a regalare a Sammy qualcosa di duraturo. Qualcosa che gli ricordasse che aveva ancora una famiglia.
Si vestì di corsa e prese i regali per Sam e Cas dal baule. Sembrava sciocco spedirli via gufo quando poteva consegnarli lui di persona.
I corridoi del castello erano pieni di spifferi, e Dean camminò il più in fretta possibile per evitare di diventare un ghiacciolo prima di raggiungere la Sala Grande. Sam e gli altri erano già lì, seduti al tavolo di Ravenclaw. I tavoli erano quasi del tutto vuoti durante le vacanze, e Dean e gli altri non ci avevano messo molto a decidere di sedersi tutti insieme fregandosene delle case. L'unico a protestare era stato il professor Crowley, ma la professoressa Missouri gli aveva lanciato una tale occhiataccia da farlo battere in ritirata senza aggiungere altro.
Quella mattina stava nevicando, e il soffitto della sala grande rifletteva il colore del cielo all'esterno, bianco-grigio e nuvoloso. C'erano anche dei fiocchi di neve che cadevano dall'alto, incantati per scomparire prima di toccare le loro teste. Gli altri erano già seduti al tavolo dei Ravenclaw, Sammy da una parte, Castiel e Gabriel dall'altra, e un grosso pacco in mezzo.
"Dean!" esclamò Sammy non appena lo vide, ignorando tutti i convenevoli. "Papà ci ha spedito un regalo!"
Dean stava per augurare buon Natale a tutti, ma le parole gli morirono sulle labbra. Lasciò da parte gli altri pacchetti e si inginocchiò sulla panca vicino a Sam. "Che cos'è?" chiese, osservando il pacco con aria critica.
"Non lo so," rispose Sam. "Stavo aspettando te per aprirlo insieme."
"Fate con calma," disse Gabriel. "Stiamo solo aspettando voi per fare colazione..."
Dean lo ignorò. Stava cercando di non pensare a cosa contenesse il pacco, sicuramente era qualcosa di stupido, John Winchester gli aveva mandato qualcosa per farsi perdonare di essere un fallimento come genitore, ma un giocattolo non sarebbe bastato a far passare a Dean l'arrabbiatura.
Afferrarono entrambi un lembo della carta che apriva il pacchetto e tirarono, strappandola via. Dentro al pacco c'era un libro, un enorme tomo rilegato in pelle. Dean non capiva perché loro padre gli avesse mandato proprio quello, e perché non poteva almeno regalargli un libro a testa, ma se lo tirò davanti e aprì a una pagina a caso.
"È un album di fotografie," disse Castiel, e Dean trattenne il fiato.
Tutte le pagine erano piene di foto di sua madre. C'erano foto di Mary da bambina mentre giocava con un'amica, Mary con i suoi genitori, Mary con la divisa di quidditch di Gryffindor... Andavano avanti per anni, fino alle foto più recenti in cui Mary teneva in braccio Sam neonato e Dean guardava il suo fratellino mentre dormiva.
"Pensavo non avesse tenuto nessuna foto di mamma," disse Dean, sfiorando le pagine. Era come ipnotizzato dalle foto.
Fra le pagine era infilato un biglietto d'auguri, probabilmente comprato in una cartoleria babbana perché aveva la copertina plastificata e l'illustrazione non si muoveva. "Ho chiesto a Ellen se aveva delle foto di vostra madre," lesse Sam. "Mi spiace non aver potuto darvelo prima. Buon Natale. Papà."
Dean si girò di lato e si passò la manica del maglione sugli occhi. Non sto piangendo, si disse, è la neve che mi va negli occhi. Anche se la neve si scioglieva ben prima di toccare terra.
Per nascondere la sua confusione, diede il suo regalo a Sammy. "Anch'io ho qualcosa per te," disse. Era una sciocchezza al confronto dell'album di fotografie, ma a Sammy la scacchiera piacque molto.
Anche Sam aveva un regalo per Dean, una piccola statuetta di drago che era stata incantata per muoversi come se fosse viva. "Non so se ti piaccia," disse Sam, diventando paonazzo. "L'ho ordinato per posta, non sapevo cosa prenderti." Dean protestò che invece gli piaceva tantissimo, e osservò il drago mentre marciava avanti e indietro lungo il tavolo e andava a sbattere contro coltelli e forchette.
Finalmente, Dean diede a Cas il suo regalo. "Questo è per te," borbottò. All'improvviso si sentì molto in imbarazzo, perché era ovvio che Cas non se l'aspettava ed era stato preso alla sprovvista.
"Ma io non ti ho preso niente in cambio," protestò Cas. "Non dovevi!"
"È una sciocchezza," mentì Dean, e trattenne il fiato mentre Cas apriva il maglione. "Se non ti piace, puoi cambiarlo con qualcos'altro... Non so neanche se la misura è giusta..."
La faccia di Cas si illuminò. "È bellissimo," disse, e se lo infilò sopra ai vestiti. "Grazie, Dean!" Aveva l'aria buffa, così infagottato e con i capelli arruffati, e Dean gli restituì il sorriso.
"Se voi due avete finito di flirtare, possiamo fare colazione?" protestò Gabriel. "Sto morendo di fame."
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Il resto delle vacanze lo passarono a giocare a palle di neve, a esplorare i passaggi segreti del castello e (quando Sam e Cas insistevano) a fare i compiti. A volte il professor Singer metteva la testa dentro all'aula di Cura delle Creature Magiche per controllare che non avessero ancora fatto esplodere nulla. Se era di buon umore i ragazzi riuscivano a convincerlo a fermarsi per il tè, e Singer li aiutava a scrivere i temi delle vacanze e gli raccontava di quando da giovane era andato in Sud America a studiare i draghi peruviani.
Di sera accendevano il fuoco nel caminetto, anche se i marshmallow erano tristemente finiti. Sam e Gabriel giocavano a scacchi, o meglio Gabriel stracciava Sam a scacchi e faceva commenti derogatori sulle sue strategie, mentre Dean e Cas li guardavano giocare e parlavano del più e del meno. Dean non sapeva giocare molto bene, ma Castiel insisteva che Sam stava migliorando e prima o poi sarebbe diventato più bravo di Gabriel.
Purtroppo gennaio arrivò troppo presto, le vacanze finirono e tutti gli altri studenti tornarono al castello. Con le lezioni e gli allenamenti di quidditch a tenerlo impegnato, Dean non aveva più tempo libero da passare con i ragazzi delle altre case. Sam aveva ricominciato a passare ogni secondo appiccicato a Jess, e Gabriel faceva di nuovo gruppo con tutti i suoi antipatici cugini.
Solo Castiel sembrava non avere nessun'altro amico con cui passare il tempo. Dean sapeva che anche lui era occupato con gli allenamenti, vedeva spesso la squadra di Hufflepuff che volava sopra al campo da quidditch, ma questo non impediva a Castiel di comparire davanti a Dean ogni volta che aveva un minuto libero.
Dean andò a vedere la partita di Hufflepuff contro Ravenclaw insieme a Victor e al resto della sua squadra. Non avrebbe dovuto tifare per nessuno, o al massimo tifare per Ravenclaw perché era la squadra di suo fratello. Non era bene che Hufflepuff vincesse, perché con due partite vinte Hufflepuff si portava al primo posto in classifica. Nonostante ciò, Dean non potè fare a meno di esultare quando Castiel prese il boccino con una manovra decisamente brillante.
"È bravo," commentò Victor, asciutto. "Sono tutti bravi. Ci daranno del filo da torcere quando li affronteremo."
"Preoccupati prima degli Slytherin," rispose Dean. "Non saranno altrettanto bravi, ma non è una ragione sufficiente per abbassare la guardia."Tutti erano d'accordo che quell'anno Slytherin fosse la squadra più scarsa, e Dean non voleva neanche pensare a cosa avrebbero fatto se si fossero fatti sconfiggere da loro.
Il giorno della partita contro Slytherin, Dean si svegliò di umore nero come il cielo sopra Hogwarts. Il suo discorso di incoraggiamento pre-partita alla squadra fu quasi una minaccia.
"Andiamo a umiliare quei bastardi!" urlò Gordon, alzando la mazza da battitore verso il soffitto degli spogliatoi. Dean fece un sospirone e incrociò le dita.
Iniziò a piovere poco dopo l'inizio, grosse gocce che gli appesantivano i vestiti e rendevano difficile vedere dove fosse il boccino. La voce di Gabriel, magicamente amplificata, era a malapena udibile sopra allo scroscio della pioggia. Dean lo ignorò e volò in cerchio sopra al campo, concentrandosi sulla ricerca del boccino.
Era molto più semplice se faceva finta di star giocando da solo, senza il pubblico e gli Slytherin e i commenti di Gabriel e la sua stessa squadra che faceva casino sotto di lui. Ogni tanto sentiva la voce dell'arbitro quando fischiava un fallo, e le proteste di Victor. Stavano perdendo per cento punti a sessanta, la voce di Gabriel lo informò a un certo punto, mentre volava vicino agli spalti, ma Dean continuò a ignorarlo. Tutto quello che gli importava era prendere il boccino prima dell'altra squadra.
Finalmente lo vide, vicino al bordo del campo. Il cercatore di Slytherin era uno degli innumerevoli Milton, Uriel del settimo anno. Era un veterano, ma era anche grande e grosso e lento. Dean non ebbe problemi a lanciarsi il boccino e a prenderlo prima ancora che Uriel si fosse accorto di quel che stava succedendo.
"L'ho preso," urlò Dean, e Gabriel gli fece eco, finchè anche l'arbitro non se ne accorse e fichiò la fine della partita, Gryffindor batte Slytherin per duecentoventi punti a centoventi. Uriel atterrò in una pozzanghera davanti a Dean e imprecò.
Dean era così di ottimo umore che quel giorno era disposto a ignorare tutte le frecciatine di Gordon. Prima dell'ultima partita gli avrebbe fatto un predicozzo a proposito di lanciare bolidi contro i suoi stessi compagni di squadra, ma per il momento non voleva uccidere l'atmosfera esultante che aleggiava nella squadra.
"Festa nella sala comune di Gryffindor," annunciarono Chris e Gwen. "Sbrigatevi, prima che Ronald finisca tutto il cibo!"
"Ehi!" protestò Ronald, ma si affrettò a correre verso il castello insieme agli altri.
Dean rimase indietro. Era bagnato fradicio e sentiva il bisogno di una lunga doccia bollente per togliersi il gelo dalle ossa.
Quando uscì dagli spogliatoi mezz'ora dopo, stringendosi nel mantello per evitare di inzupparsi di nuovo, Castiel era lì fuori ad aspettarlo.
Per un attimo Dean non lo riconobbe, avvolto com'era in una gigantesca sciarpa rossa, ma il tono con cui Cas diceva "ciao Dean" era inconfondibile.
"Cas," disse Dean, affrettandosi a ripararsi sotto al gigantesco ombrello che l'altro stava reggendo. "Cosa ci fai qui?"
"Sono venuto a vedere la partita," rispose lui, come se questo spiegasse il fatto che si fosse appostato fuori dagli spogliatoi, travestito da tifoso di Gryffindor. Come se avesse letto nel pensiero a Dean, iniziò a togliersi la sciarpa. "Sono contento che abbiate vinto."
"Non dovresti," rispose Dean. "Adesso Gryffindor e Hufflepuff hanno due vittorie a testa, sarà una finale combattuta."
Castiel alzò le spalle. "Meglio così," disse, la voce un po' attutita dalla sciarpa. "Entrambe le nostre squadre sono molto forti, sarà una bella partita."
Provò di nuovo a tirare un lembo della sciarpa. Se l'era attorcigliata davanti alla faccia, e con una mano sola non riusciva a toglierla.
"Che imbranato," borbottò Dean. Poi gli ingiunse di stare fermo e in pochi secondi slegò il nodo della sciarpa. "Ecco," disse, piegandola alla bell'e meglio e porgendola a Castiel.
Castiel strinse il manico dell'ombrello con entrambe le mani e scosse la testa. "Veramente, l'ho fatta per te," disse. "È il mio regalo di Natale in ritardo."
Dean abbassò gli occhi sulla sciarpa. Era di un color scarlatto molto vivace, più simile all'arancione che al rosso di Gryffindor, e il bordo era a tratti irregolare, ma era morbidissima. "L'hai fatta tu?" ripetè. Sorrise al pensiero di Castiel che lavorava a maglia di sera davanti al caminetto della sala comune di Hufflepuff, con lo sguardo serio e la lingua fra i denti per la concentrazione.
Castiel annuì. "Sei stato molto gentile a farmi un regalo, e io non ho potuto ricambiare," disse. "Mi spiace averci messo così tanto, sono ancora un principiante e non so fare altro che sciarpe."
"Grazie mille," disse Dean. Si avvolse la sciarpa attorno al collo. Era così lunga che dovette fare tre giri per evitare che le estremità toccassero per terra. Sicuramente ora aveva l'aria infagottata come Castiel. Lui non era proprio il tipo da indossare sciarpe, specie non sciarpe così mostruosamente grandi, ma Castiel ci aveva probabilmente messo giorni a finire questa cosa. "Mi piace molto," mentì.
A quelle parole, Castiel sorrise, sollevato. Dean sarebbe volentieri rimasto a chiacchierare con lui e a discutere la partita, ma i suoi compagni di squadra lo stavano aspettando nella sala comune di Gryffindor.
"Ci vediamo in giro," disse a Castiel, e corse via tirandosi il cappuccio del mantello sopra alla testa per evitare di bagnare la sciarpa.
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Sam aveva insistito perché Dean tenesse l'album di fotografie. All'inizio Dean aveva protestato che non era equo, ma l'album era molto voluminoso e non potevano portarlo avanti e indietro dalla torre di Gryffindor alla torre di Ravenclaw come avrebbe voluto fare lui. Così Sam aveva tenuto solo una foto (quella di Mary con loro due da piccoli, sfilata con cautela per evitare di rovinarla) e Dean aveva riposto l'album nel baule ai piedi del suo letto.
Ogni tanto Dean tirava fuori l'album e lo sfogliava, cercando di immaginarsi che tipo di persona fosse stata sua madre, quali fossero le sue materie preferite e se conoscesse tutti i passaggi segreti che aveva scoperto Dean. Era qualcosa a cui Dean aveva sempre pensato, ma adesso con le foto davanti agli occhi era molto più facile indovinare che Mary era stata capitano della squadra di quidditch e che Ellen era la sua migliore amica.
Una domenica mattina era sdraiato a pancia in giù sul suo letto, con l'album aperto alla pagina della cerimonia del diploma. C'era una foto di gruppo con tutti gli studenti di quell'anno, una con Mary da sola che stringeva la pergamena del diploma in una mano e la bacchetta nell'altra, e pure una foto in cui Mary stringeva la mano a un ometto baffuto che Dean immaginava fosse il preside di allora.
Un movimento improvviso attirò la sua attenzione. Una delle figure nello sfondo si era girata verso di lui per un attimo, e Dean aveva l'impressione di aver già visto quel mago. Non aveva alcun senso, Dean non conosceva nessuno che fosse a Hogwarts vent'anni prima. Rimase a fissare la foto finchè il mago non si girò di nuovo e, quando lo riconobbe, trasalì: era il professor Azazel. Era quasi irriconoscibile, con i capelli più corti e senza i suoi soliti occhiali, ma era lui di sicuro.
Dean prese l'album e si precipitò nella sala comune. Victor e Pam stavano giocando a carte in un angolo. "Guarda qui," disse Dean, scaraventando l'album sul tavolo davanti a Victor.
Alcune carte caddero sul pavimento. "Ehi," protestò lui, ma si chinò comunque sul libro. "Cose dovrei guardare?"
"Qui," disse Dean, indicando la foto. Punzecchiò le altre persone nella foto per farle scostare. Sua madre e il preside avevano l'aria offesa, e Dean chiese loro scusa mentalmente. "Guarda, non ti sembra il professor Azazel?"
Victor aggrottò la fronte, poi annuì. "Hai ragione, è Azazel," disse.
Anche Pam si sporse in avanti, curvandosi sulla foto finchè il suo naso quasi non toccava la pagina. "È proprio lui," confermò. "Non sapevo che avesse già insegnato qui, anni fa."
"Non solo anni fa," disse Dean, che aveva avuto un'idea improvvisa. "Azazel era a Hogwarts poco più di vent'anni fa. Quello era circa il periodo degli attacchi dei Demoni, no?"
Pam e Victor gli lanciarono un'occhiataccia. "Anche se fosse, che vuoi farci?" chiese Victor. "Accio carte." Recuperò le carte dal pavimento e si mise a mescolarle.
"Tu non vuoi saperne di più su questo mistero?" insistè Dean.
Victor scrollò le spalle. "L'unico mistero qui è chi avrebbe vinto se tu non avessi interrotto la partita di prima."
Dean sbuffò e li lasciò al loro gioco. Tornò nel dormitorio a riporre l'album nel baule e, dopo un attimo di esitazione, si gettò la sciarpa rossa sulle spalle anche ormai se faceva quasi troppo caldo per metterla.
Trovò Castiel in biblioteca, chino su un ponderoso trattato sulle erbe selvatiche della Scozia, ma Castiel spinse via il libro quando Dean si sedette vicino a lui.
"Ciao, Dean," disse.
"Cas," disse Dean. "Hai un minuto? Voglio la tua opinione su una cosa."
Castiel inclinò la testa, e Dean gli raccontò quello che aveva saputo. "Magari è uno dei professori che se n'erano andati perché avevano paura di essere rapiti," concluse con un sorrisetto. Avrebbe voluto dire che il professor Azazel era un gran codardo.
Però, Castiel scosse la testa con decisione. "Questo non è possibile," disse. "La mia famiglia dice che il preside Shurley ha convinto tutti i professori che se n'erano andati a tornare. È per quello che è tenuto in gran stima da tutti i maghi, anche quelli che disprezzano i mezzosangue."
Dean lo guardò con invidia. Lui non avrebbe neanche saputo dire che il preside era un mezzosangue. Doveva essere bello crescere in una famiglia di maghi e sapere tutte queste cose.
Aggrottò la fronte. "Se Azazel se n'è andato da Hogwarts vent'anni fa, deve centrare qualcosa con i Demoni. Non può essere una coincidenza. Non si è licenziato, altrimenti il preside l'avrebbe convinto a tornare," disse, e Castiel annuì a quelle parole. "Però non è neanche uno degli insegnanti rapiti, tutti sanno che quelli non sono più tornati. Quindi..."
Si interruppe, perché accusare uno dei professori di essere un mago oscuro era un po' troppo, anche per lui. Castiel lo stava fissando con aria imperscrutabile.
"Singer mi aveva detto di stare attento ad Azazel," disse Dean, ricordandosi all'improvviso della loro conversazione qualche settimana prima. "Mi ha praticamente detto che Azazel era a Hogwarts nel periodo dei Demoni, e io non l'ho capito. Pensavo che mi stesse solo minacciando come si fa con i primini, sai, se fai lo scemo nei corridoi i Demoni ti porteranno via," disse, in una passabile imitazione della voce di Singer. Poi abbassò la voce fino a un bisbiglio. "Ma tu credi che sia possibile che Azazel sia uno di loro?"
Castiel si morse il labbro e per un attimo non rispose. "Uno dei Demoni?" disse. Per un attimo Dean temette che anche lui gli avrebbe dato la stessa risposta disinteressata di Victor e Pam, ma Castiel si mosse un labbro, incerto. "Non lo so. È un'ipotesi plausibile. Se fosse così, cosa vorresti fare?"
Dean non aveva neanche pensato a quello. "Non ne ho idea," ammise. "Però adesso voglio scoprirne di più."
---
Scoprire informazioni sul professor Azazel, però, era più facile a dirsi che a farsi. Nessuno parlava mai apertamente dei Demoni, e Dean non poteva certo chiedere agli altri professori se per caso il loro collega fosse un mago oscuro. Provò di nuovo a chiedere al professor Singer, ma ottenne solo un'occhiataccia e un'ingiunzione di tenere il naso fuori da faccende che non lo riguardavano.
Castiel provò a chiedere alla professoressa Missouri che, pur essendo più gentile e ben disposta verso il suo studente preferito, era a Hogwarts solo da una decina d'anni e non poteva gettare alcuna luce sulla faccenda.
Finalmente, Castiel riuscì a prendere in prestito un tomo polveroso che riportava tutti gli insegnanti di Hogwarts a partire dal 1700. In una scrittura piccola e irregolare, una delle pagine più recenti conteneva il nome A. Azazel, già detentore della Cattedra di Difesa contro le Arti Oscure per sei anni dal 19... al 19..., nuovamente alla Cattedra di Difesa contro le Arti Oscure. L'anno in cui Azazel se n'era andato da Hogwarts era lo stesso anno dei Demoni.
"Non può essere una coincidenza!" esclamò Dean quando Castiel gli fece leggere il paragrafo.
Castiel scosse la testa. "Che cosa vuoi fare?" chiese.
Quella notte Dean aspettò che tutti gli altri fossero addormentati e scivolò fuori dal dormitorio e dalla sala comune senza fare rumore. La Dama Grassa si svegliò quando Dean aprì il passaggio, ma era ancora intontita dal sonno e prima che lei potesse chiedere "Chi è?" Dean era già sparito dietro l'angolo.
Aspettò Castiel nel passaggio segreto che collegava il primo e il terzo piano. Era un passaggio comodo perché non lo conoscevano in molti, e finchè era nascosto dietro alla tappezzeria le probabilità di essere scoperto dal custode o da un professore erano basse. Ovviamente, una volta fuori di lì sarebbe stato allo scoperto.
Per un po' pensò che Castiel non sarebbe venuto. Lo studente di Hufflepuff aveva la faccia da bravo ragazzo, Dean era sicuro che non avesse mai infranto una regola in vita sua. Non si sarebbe stupito se Cas avesse cambiato idea all'ultimo momento e fosse andato a dormire invece di rischiare l'espulsione.
Era passata mezzanotte quando finalmente Castiel arrivò, avanzando a tentoni lungo il muro per evitare di inciampare al buio.
"Dean," bisbigliò, e Dean si mise un dito davanti alle labbra anche se Cas non poteva vederlo.
"Sssh," sibilò. Scostò la tappezzeria e, dopo aver controllato che non ci fosse nessuno in giro, prese per mano Castiel e lo trascinò lungo i corridoi.
Non era la prima volta che Dean andava in giro nel castello dopo il coprifuoco. In pochi minuti arrivarono davanti all'ufficio del professor Azazel.
Dean si girò a guardare Castiel, a malapena visibile nella luce della luna che entrava dalle finestre. "Ultima possibilità di tornare indietro," disse. Castiel non rispose, ma scosse la testa in silenzio, per niente intenzionato ad andarsene. Dean sorrise. "Alohomora," mormorò, colpendo la serratura con la bacchetta.
La porta si aprì con uno scricchiolio che fece gelare il sangue nelle vene a Dean. Era sicuro che tutto il castello avesse sentito, e si preparò a correre non appena fosse spuntato qualcuno da dietro l'angolo. Dopo quasi un minuto, quando nessuno sbucò per metterli in punizione, Dean tirò un sospiro di sollievo e fece cenno a Castiel di seguirlo nell'ufficio.
Una volta chiusa la porta, si sentirono abbastanza al sicuro da mormorare un rapido Lux per accendere la punta delle bacchette. "Cosa stiamo cercando?" chiese Castiel in un bisbiglio.
"Non lo so," disse Dean. Si mise ad aprire i cassetti della scrivania di Azazel, mentre Castiel esaminava i volumi della sua libreria.
C'erano un sacco di oggetti misteriosi nell'ufficio. Dean non sapeva a che cosa servissero, ma avevano l'aspetto abbastanza pericoloso da fargli passare la voglia di toccarli. Si fermò davanti a una bottiglia che conteneva un liquido scuro.
"Ew," esclamò. "Questo è sangue?"
"Può darsi," rispose Castiel, senza alzare gli occhi dal libro che stava leggendo. "Dean... Questi libri parlano tutti di magia oscura, così oscura che non è neanche insegnata nel corso di Difesa del settimo anno." Aggrottò la fronte, tracciando con un dito il diagramma disegnato su una pagina. "Non dovremmo leggere questo libro. Non dovremmo neanche essere qui..."
"No," confermò una voce dietro a Dean. "Non dovreste essere qui."
Dean e Cas si voltarono di scatto, puntando la bacchetta contro il professor Azazel.
"Noi..." cominciò Dean. "Sappiamo cosa hai fatto."
"Davvero?" rispose lui, asciutto. "Ne dubito molto. Mettete via quelle bacchette prima che qualcuno si faccia male."
Le dita di Dean si strinsero attorno a pugno quando Azazel estrasse la propria bacchetta da una tasca del mantello, ma il professore si limitò ad agitarla per accendere una lanterna. Poi indicò loro la porta.
"Muovetevi, non ho tutta la notte da perdere," disse. "Seguitemi."
Dean si sentiva la gola secca. "Vuoi portarci dal tuo capo?" chiese.
Azazel gli lanciò un'occhiata strana e non rispose.
Era molto peggio di quanto Dean o Cas avessero potuto immaginare. Azazel li portò dal preside Shurley.
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Il preside era ancora in vestaglia e pantofole, ma a Dean non era mai apparso più terrificante.
Dean cercò di inventarsi una scusa convincente che spiegasse perché lui e Castiel stessero frugando nei cassetti di un professore all'una di notte, ma tutta la faccia tosta del mondo non poteva salvarli quando erano stati colti in flagrante.
Castiel, poi, non era assolutamente in grado di mentire. Quando Shurley mandò a chiamare il professor Singer e la professoressa Missouri, Castiel cadde a pezzi e confessò tutto, compreso il fatto che sospettavano che Azazel fosse uno dei Demoni. "Ci sono libri sulle arti oscure nel suo ufficio," disse con voce flebile.
Singer diede un grugnito di disprezzo. "Cosa mi direte dopo, che il professor Crowley ha delle pozioni velenose nel suo laboratorio," disse, e Castiel abbassò la testa, mortificato.
"Non è colpa sua!" esclamò Dean. "Sono stato io ad avere l'idea, ho convinto io Castiel a infrangere il coprifuoco. Dovreste punire me."
"Certo che verrai punito, di questo puoi starne certo," lo fulminò Singer. "Non ho dubbi che questa sia una delle tue solite trovate. Ma non credere che il tuo complice la passerà liscia."
"No," confermò Missouri, scuotendo la testa. Sembrava più triste che arrabbiata. "Castiel, da te non mi sarei mai aspettata una cosa del genere. Cinquanta punti da Hufflepuff, e una settimana di punizione. Ti sembra equo, Azazel?"
Lui inclinò la testa. "Siete stati fortunati che io vi abbia trovato," disse. "C'è una ragione per cui quei libri sono tenuti sotto chiave, avete rischiato di perdere ben più di punti per la coppa delle case." Sembrava quasi divertito.
Singer, invece, scrollò le spalle. "Cinquanta punti anche da Gryffindor, e una settimana di punizione anche per l'altro idiota." Dean era convinto che, se fosse dipeso unicamente da lui, sarebbe stato molto più severo.
Castiel era sbiancato. Probabilmente non aveva perso neanche un punto in tutta la sua carriera. Dean avrebbe voluto più di ogni altra cosa chiedergli scusa, perché era stato un perfetto idiota ed era colpa sua se si trovavano in questo pasticcio, ma non si azzardava a parlare davanti ai professori.
Shurley sospirò e si passò una mano davanti agli occhi. "Non ho dubbi che, se non ve lo dicessi io, cerchereste di nuovo di importunare il professor Azazel." Si girò verso di lui e chiese, "Posso dirglielo?"
Azazel strinse le labbra. "Quando sono tornato, mi hai promesso che nessuno sarebbe andato a rivangare il passato," disse, ma poi annuì.
"Come sapete," disse il preside a Dean e Cas, "i Demoni erano un gruppo di maghi che studiavano le arti oscure. Il professor Azazel era uno di loro." Dean spalancò la bocca, ma prima che potesse dire alcunchè il preside lo zittì con un cenno. "Però, quanda si accorse che gli altri membri non si limitavano a studiarle e si erano messi a praticare le arti oscure, il professor Azazel lasciò il gruppo. È grazie al suo aiuto che gli Auror sono riusciti a catturare tutti i Demoni rimanenti."
"Non mi sono guadagnato molti amici con il mio tradimento," disse Azazel. "Quindi vi sarei grato se teneste questa storiella fra voi." Sembrava una minaccia. Anzi, conoscendolo era sicuramente una minaccia.
Singer scortò Dean fino alla torre di Gryffindor, "Per evitare che ti cacci di nuovo nei guai, ragazzo," e Dean non ebbe occasione di chiedere scusa a Cas.
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Dopo aver affrontato il preside e i professori, a Dean toccò affrontare i suoi compagni. Victor era il miglior amico di Dean ed era abituato a vederlo finire nei guai, ma anche lui era scandalizzato all'idea che Dean si fosse intrufolato nell'ufficio di un professore.
Dean non nominò il fatto che stessero cercando prove che Azazel fosse uno dei Demoni. Azazel l'avrebbe spellato vivo se avesse saputo che Dean raccontava i suoi segreti, e inoltre più Dean ci pensava e più l'idea gli sembrava cretina. Sicuramente il preside conosceva molto di più sui Demoni che un paio di studenti, e aveva fatto tutte le dovute ricerche prima di assumere Azazel. Si sentiva un idiota per non averci pensato prima.
La cosa peggiore era che Singer aveva organizzato la sua punizione in modo che per tutta la settimana Dean non avrebbe avuto un minuto libero. Dalla fine delle lezioni all'ora di cena, e poi per tre ore dopo cena, Dean doveva presentarsi in biblioteca e ricopiare delle pergamene che parlavano della storia della scuola, così vecchie che rischiavano di sbriciolarsi.
"Così non avrò neanche il tempo di fare i compiti e studiare," aveva protestato Dean quando Singer gli aveva spiegato cosa avrebbe dovuto fare.
"Non pensavo che fossi così preoccupato dei tuoi voti," rispose Singer. "Se ci tieni tanto puoi studiare di notte, tanto mi sembra che tu non abbia bisogno di dormire."
Ovviamente, avrebbe dovuto saltare anche tutti gli allenamenti di quidditch. A malincuore Dean spiegò la situazione alla squadra, e diede a Victor gli schemi di gioco che avrebbero dovuto studiare durante la settimana.
"Non preoccuparti, faremo del nostro meglio senza di te," gli disse Victor, dandogli una pacca rassicurante sulla spalla.
"Sì, Winchester, non preoccuparti," disse Gordon, con aria tutt'altro che rassicurante.
La parte peggiore era che Tessa diede a Dean la colpa di tutto quello che era successo. "Ho sempre saputo che attiravi guai, Winchester," gli disse. "Non avrei dovuto lasciare che trascinassi Castiel in una delle tue follie."
Confessò che era stata lei a chiedere a Castiel di diventare amico di Dean, per poter spiare le strategie di Gryffindor. "Non negare che anche tu stavi facendo la stessa cosa," disse. "Altrimenti, perché mai avresti voluto diventare amico di Castiel?"
Dean voleva negare, ma Castiel era lì vicino e lo stava guardando con quei suoi occhi imperscrutabili. Pensavo che fossimo amici, avrebbe voluto dire. Invece disse, "Certo, perché mai avrei voluto essere suo amico?"
Castiel se ne andò senza un'altra parola.
Quando finalmente la settimana di punizione finì, Dean si buttò negli allenamenti di quidditch con tutto sè stesso, come se potessero aiutarlo a dimenticare tutti i casini che aveva combinato. La sua assenza però era solo servita a far peggiorare Gordon, che era ormai convinto che Dean fosse inutile per la squadra.
"Ormai passi tutto il tempo con Milton," strillò Gordon. "Devi scegliere, o stai con la squadra o te ne vai!"
"No, sei tu che devi scegliere!" gli rispose Dean, paonazzo.
Ogni tanto Dean vedeva da lontano gli Hufflepuff che si allenavano, sette macchie gialle che volavano sopra il campo da quidditch, e cercava di indovinare quale di loro fosse Cas.
L'unica cosa che sapeva per certo, anche senza che Cas glielo dicesse, era che gli allenamenti degli Hufflepuff andavano molto meglio dei loro. Sembravano molto affiatati. Sicuramente non dovevano interrompersi e atterrare ogni dieci minuti perché Gordon aveva di nuovo tirato un bolide contro Ronald e Ronald era caduto dalla scopa.
Ebbero un litigio di troppo e alla fine Gordon lasciò la squadra, gettando drammaticamente la mazza in mezzo al campo. Mancavano due settimane alla finale.
Dovettero fare una riunione d'emergenza nella sala comune e cercare qualcuno che sostituisse Gordon. "Chiunque va bene, basta che sappia tenere in mano una mazza," insistè Dean. Non era una situazione ideale, sicuramente non era la squadra che avrebbe scelto per la finale, ma senza un settimo giocatore sarebbero stati obbligati a dare forfeit.
Purtroppo non c'erano molti disposti a rischiare di prendersi un bolide sui denti, o un'umiliazione davanti a tutta la scuola.
Toccò a Victor andare dal professor Singer e supplicarli di lasciar giocare Harvelle, l'unica studentessa abbastanza coraggiosa o abbastanza folle da offrirsi volontaria per giocare.
Victor tornò poco dopo con la faccia lunga e la risposta di Singer. "Ha detto che Harvelle può giocare," disse. "Ma ha anche detto che ci conviene metterci sotto con gli allenamenti, perché quelli di Hufflepuff ci faranno neri."
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La partita contro Hufflepuff fu la partita più lunga e più snervante che Dean ebbe mai giocato. Gryffindor e Hufflepuff erano testa a testa sia per la coppa del quidditch che per la coppa delle case, e chiunque avesse vinto la partita si sarebbe aggiudicato entrambe. Dean entrò in campo sentendosi le farfalle nello stomaco, e più il tempo passava più aumentava il suo nervosismo, finchè gli sembrò di avere non solo farfalle ma un intero branco di draghi selvatici nello stomaco.
Harvelle era una giocatrice brava, ma Ronald era così nervoso che commetteva un sacco di errori. A un certo punto mancò in pieno un bolide e quasto colpì Chris nello stomaco, facendolo quasi cadere dalla scopa. Poi, mentre Harvelle e Ronald cercavano di difendere Pam mentre segnava, un altro bolide colpì Gwen alla tempia.
"Sto bene!" strillò lei, facendo cenno a Dean di continuare a giocare.
Dean cercò di concentrarsi sul boccino e non sulla partita, ma era difficile quando Gabriel commentava senza pietà ogni goal che subivano. I loro battitori non erano abituati a lavorare insieme, i cacciatori erano preoccupati per la propria incolumità e non riuscivano a segnare, e gli Hufflepuff li stavano stracciando.
Dopo un'ora di gioco, il risultato era di duecento a settanta per gli Hufflepuff. Se fosse andata avanti così, non sarebbe neanche servito il boccino per decidere il risultato finale. Dean fece un altro giro del campo, tenendo d'occhio Castiel che parecchi piedi più in basso di lui stava facendo lo stesso.
Gwen oltrepassò Tessa con una finta e segnò. "Così si fa," le gridò Dean.
Poi si girò e, con un tuffo al cuore, vide che Castiel stava volando verso il boccino. Era vicino al prato, più vicino a Dean che a lui, ma Cas aveva preso velocità e l'avrebbe raggiunto per primo. Dean strinse il manico della scopa e si lanciò in picchiata verso il basso.
Sentì a malapena Gabriel che gridava "Il boccino!", poi il rumore del vento nelle orecchie lo assordò.
Accelerò finchè non era quasi in caduta libera, stringendo gli occhi e cercando di tenerli aperti, aspettando fino all'ultimo minuto. Raggiunse Cas e per un istante furono testa a testa, finchè Cas non rallentò, non molto ma abbastanza da permettere a Dean di superarlo.
Dean tese un braccio in avanti e prese il boccino a pochi piedi dal suolo, raddrizzando la scopa giusto in tempo per non schiantarsi, atterrando fra l'esultanza della metà scarlatta dello stadio.
Il boccino si stava ancora agitando fra le sue dita. Dean rimase impietrito a mezz'aria mentre Gabriel strillava il risultato finale.
"Duecentoquaranta a duecento! Gryffindor vince la partita e la coppa del quidditch!"
"Abbiamo vinto!" strillò Harvelle. Si lanciò verso Ronald e lo abbracciò così violentemente che per poco non caddero entrambi dalla scopa.
Gwen, Christian e Pam stavano facendo un giro trionfale dello stadio, volando così rapidamente che sembravano tre macchie scarlatte.
"Ce l'abbiamo fatta, Winchester!" gli strillò Victor, e Dean sorrise e alzò verso il cielo il pugno che stringeva ancora il boccino.
Finalmente riuscirono ad atterrare, sempre scambiandosi abbracci e pacche sulle spalle. I sette giocatori di Hufflepuff erano già schierati in fila sul campo.
"Congratulazioni," disse Tessa a Dean. "È stata una bella partita"
"Anche voi," rispose Dean stringendole la mano. "Mi spiace di avervi accusato di voler barare, avete giocato davvero bene."
Tessa gli fece un sorriso triste. "Ci riproveremo l'anno prossimo."
Dean passò oltre per stringere la mano al portiere di Hufflepuff, e poi ai battitori. Era incredibilmente fiero della vittoria, e ancora più fiero della sua squadra. Harvelle aveva giocato benissimo, e anche Gwen era riuscita a farsi valere nonostante barcollasse ancora dopo il colpo alla testa. L'unica cosa che lo lasciava perplesso era la sua stessa cattura del boccino.
In fondo alla fila c'era Castiel, che tese la mano a Dean con aria esitante. "Congratulazioni," disse. Rispetto agli altri giocatori, aveva l'aria molto meno triste. Dean doveva chiederglielo.
"Cas," disse Dean a bassa voce. "Mi hai fatto vincere apposta?"
L'altro ragazzo si impietrì. "Perché dici una cosa del genere?"
"Tu eri più vicino," rispose Dean. "Avresti dovuto arrivarci prima tu. Invece l'ho preso io, e tu non sembri neanche dispiaciuto. Perché?"
Cas si strinse nelle spalle. "Perché tu hai più esperienza e sei un giocatore migliore di me," rispose. "Perché se non avessi rallentato mi sarei schiantato contro il terreno." Guardò Dean dritto negli occhi. "Non avrei mai potuto lasciarti vincere apposta, tu non sopporteresti una cosa simile. E io non voglio che tu sia arrabbiato con me."
Un ragionamento del genere era proprio tipico di Castiel. "Non sono arrabbiato con te," disse Dean.
Quando Castiel sorrise, Dean si sentì di nuovo le farfalle nello stomaco. Ma la partita era finita e non aveva più essere nervoso. A meno che la ragione del suo nervosismo non fosse il quidditch, ma tutt'altro.
Castiel, a cui piacevano i marshmallow e i libri di Erbologia e le foglie di tè. Castiel, con i suoi occhi di un blu impossibile che quasi non sembrava vero. Quello sciocco di Castiel, che perdeva sempre a poker e non capiva le barzellette, ma aveva regalato a Dean una sciarpa fatta a mano per Natale. Dean non si ricordava neanche perchè avevano litigato, l'unica cosa a cui riusciva a pensare era che aveva evitato Castiel nelle ultime settimane, e tutto per motivi così stupidi. Fu solo allora, mentre erano uno davanti all'altro in mezzo al campo di quidditch, che Dean si accorse di quanto gli era mancato Cas.
Dean fece per stringere la mano a Castiel, ma poi cambiò idea. D'impulso afferrò il davanti della divisa di Castiel e se lo tirò vicino. Gli occhi di Castiel si spalancarono per la sorpresa, ma prima che potesse reagire Dean si chinò in avanti e lo baciò.
Il cuore gli batteva all'impazzata all'idea di stare baciando Castiel in mezzo al campo da quidditch, davanti a tutti i professori e gli studenti, ma più di ogni altra cosa Dean era terrorizzato che Castiel lo respingesse.
Furono i cinque secondi più terrificanti di tutta la vita di Dean, e questo includeva il momento in cui il professor Azazel li aveva sorpresi nel suo ufficio. Il bacio fu abbastanza sgraziato, solo labbra contro labbra, ma Dean pensò che non se ne sarebbe scordato finchè viveva.
Quando si tirò indietro, Castiel aveva ancora gli occhi spalancati, ma non sembrava pronto ad estrarre la bacchetta e a maledire Dean. Era probabilmente un buon segno.
Sugli spalti, l'agitazione di Gabriel aveva oltrepassato ogni limite. "Così si fa, cuginetto! Whooop! Siete una coppia fantastica!" riuscì a gridare prima che un professore si impadronisse del microfono.
Castiel arrossì. "Ehm," disse.
"Ehm," fece eco Dean. Poi si ricordò della coppa e dei suoi compagni di squadra. "Credo di dover andare ad accettare una coppa," disse. "E poi ci saranno probabilmente dei festeggiamenti nella sala comune..."
"Sì," disse Cas. Inclinò la testa di lato. "Ci vediamo dopo?"
Finalmente, Dean sorrise. "Ci vediamo dopo," confermò, e corse a raggiungere i suoi compagni di squadra sul podio.
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